Crisi, consumi ancora giù
Si tagliano anche i farmaci

Nel primo semestre 2013 le vendite al dettaglio sono calate del 3% rispetto allo stesso periodo 2012. Lo comunica l'Istat che registra a giugno un calo dello 0,2% sul mese precedente e del 3% sul 2012. Calano anche i farmaci.

Nel primo semestre 2013 le vendite al dettaglio sono calate del 3% rispetto allo stesso periodo 2012. Lo comunica l'Istat che registra a giugno un calo dello 0,2% sul mese precedente e del 3% sul 2012. Si tratta della dodicesima flessione tendenziale consecutiva. A maggio le vendite erano aumentate dello 0,1% su aprile. In particolare, la diminuzione a giugno è stata particolarmente accentuata nei piccoli negozi (-3,6% su anno) come nella grande distribuzione (-2,3%) e anche nei discount (-1,3%).

Resistono solo le grandi superfici specializzate in una tipologia unica o prevalente di prodotti non alimentari (+0,4%). Le flessioni maggiori degli acquisti si registrano per gli elettrodomestici (-5,9%) e i prodotti farmaceutici (-4,6%). Resistono meglio, invece, i gruppi di prodotti di utensileria per la casa e ferramenta (-0,6%) e le dotazioni per l'informatica, telecomunicazioni e telefonia (-1,3%). L'allarme è generale. Per le associazioni dei consumatori «si conferma l'ennesimo calo delle vendite al dettaglio che porta la contrazione dei consumi nel biennio 2012-2013 a toccare il record del -7,8%», pari a 56 miliardi, affermano Federconsumatori e Adusbef chiedendo al governo di intervenire subito su Imu e Iva. Per Coldiretti «con i dati negativi delle vendite a giugno la crisi tocca il fondo e fa registrare il peggior semestre degli ultimi anni. Cala la spesa anche per l'acquisto nei discount alimentari (-1,3%) anche se il tonfo più pesante in assoluto (tra alimentari e non) si è verificato per i piccoli negozi alimentari (-4,5%)».

«La diminuzione registrata nel mese di giugno segnala come i deboli e ancora incerti segnali di ripresa dell'economia rilevati nei periodi più recenti non abbiano prodotto alcun effetto sui consumi delle famiglie», è il commento dell'Ufficio studi Confcommercio. «Nel primo semestre - prosegue la nota - le vendite si sono ridotte del 3% rispetto allo scorso anno, dato che ha portato a una flessione dei volumi acquistati del 4,4% rispetto a quanto rilevato nel periodo tra gennaio e giugno del 2012. Rimane, dunque, prioritario e imprescindibile evitare definitivamente l'aumento dell'Iva dal 21 al 22% e sarebbe, peraltro, impensabile ricorrere a tale aumento per cercare le risorse necessarie all'eliminazione dell'Imu». Confcommercio conclude quasi con un appello: «C'è bisogno di tutto fuorché di un aumento dell'imposizione fiscale sulle vendite. L'aumento dell'Iva stroncherebbe sul nascere qualsiasi possibilità di un miglioramento dei consumi e frenerebbe il conseguente consolidamento del quadro economico del Paese».

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