L’Ocse e lo sviluppo di Bergamo
I punti deboli? Strategia e infrastrutture

Basso livello di competenza della forza lavoro, scarsa coordinazione tra gli attori locali, concorrenza internazionale sempre più sfavorevole. Secondo il nuovo rapporto Ocse i punti deboli della terra bergamasca non sono cambiati.

Il rapporto - diffuso nella mattinata del 30 marzo - conferma che il «forte passato industriale rimane l’ossatura dell’economia della provincia». Ma il confronto con lo studio che era stato eseguito sempre dall’Ocse nel 2001 è abbastanza impietoso: la «carenza di un’educazione formale della forza lavoro e un’infrastruttura dei trasporti scarsamente sviluppata... rimangono oggi aree di sviluppo in cui inserire un’azione politica».

Infatti Bergamo, dopo il 2001, «ha mantenuto la sua base industriale, ma ha registrato un rallentamento nella produttività». E questo ha «portato a un netto declino nel vantaggio competitivo di Bergamo rispetto ad altre regioni Ocse TL3 con struttura industriale simile».

La principale sfida per Bergamo? Per l’Ocse si deve puntare «con un’attenzione speciale alla transizione verso attività a più alto valore aggiunto e intensità tecnologica».

Per questa transizione, secondo l’Ocse, serve: prima di tutto l’elaborazione di un piano supportato da tutti gli attori locali; poi il miglioramento delle competenze della popolazione (istruzione e formazione); la stimolazione di un sistema di innovazione; l’attrazione di investimenti dall’estero; un aumento della competitività delle Pmi.

Anche la recente riforma amministrativa della Provincia pesa nel rapporto Ocse su Bergamo e ripropone il «bisogno di creare una piattaforma dove gli attori locali possano incontrarsi ed elaborare una visione comune per il futuro di Bergamo ancor più pressante». Un ingrediente questo «fondamentale per la programmazione e implementazione dell’azione politica futura».

Il rapporto completo è nell’allegato

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