Bergamo, il 2003 un anno di record negativi

Che inflazione «dichiarata» e «percepita» non procedessero propriamente a braccetto è cosa probabilmente acquisita da sempre. Ma, almeno, l’ingresso di Bergamo (a partire dallo scorso ottobre) nel novero delle città campione Istat, ha fatto, di quella che sino a ieri per i bergamaschi era semplicemente una supposizione, un’autentica certezza.

E così insieme all’autorizzazione ufficiale nel pubblicare autonomamente - come per esempio già da tempo avviene a Milano, Palermo e Venezia - il proprio indice dei prezzi al consumo, la nostra città ha ottenuto pure la consacrazione di capitale italiana del carovita. Sul fronte dei rincari infatti, proprio nel mese in cui debuttavamo nella rosa dei centri prescelti per le rilevazioni, sulla piazza orobica non si intravedevano miglioramenti di sorta (in netta controtendenza rispetto ai dati nazionali che registravano un calo dal 2,8 per cento rilevato a settembre a 2,6 per cento nel mese allora corrente). Anzi: allora non si poté che constatare che Bergamo stava ballando da sola. In casa nostra insomma, a fronte di una variazione percentuale rispetto al mese precedente pari a zero, il tasso tendenziale (ossia la variazione percentuale rispetto allo stesso mese del 2002) rimase fermo a più 3,6 per cento e, cosa più preoccupante, senza che la nostra città fosse eguagliata, da questo punto di vista, da nessuno dei 12 capoluoghi di regione campione.

C’è da dire però che già a settembre si raccolsero da più parti forti sentori a proposito del fatto che Bergamo, a meno di una brusca inversione di rotta, non avrebbe avuto rivali in Italia in quanto ad aumento dei prezzi, a testimonianza quindi del fatto che in città non fosse certo una novità - prima ancora cioè dell’ufficializzazione dei dati - che l’inflazione galoppasse.

A novembre poi, sebbene il carovita avesse subito una nuova battuta d’arresto, Bergamo (per il secondo mese consecutivo quindi) si confermò nuovamente «città più cara d’Italia», con un inflazione al 3,5 per cento contro la media nazionale del 2,5 per cento (il livello più basso toccato nei precedenti 15 mesi). Due mesi fa, cioè, cifre locali alla mano, l’indice dei prezzi al consumo registrò un aumento congiunturale dello 0,2 per cento, mentre il tasso tendenziale segnava una diminuzione dello 0,1 per cento, attestandosi appunto sullo 3,5 per cento contro il 3,6 di ottobre.

E anche a dicembre (ossia al termine del primo trimestre da città campione) le cose procedettero secondo la direzione tracciata nei mesi precedenti. Per quanto il carovita orobico avesse registrato segnali di miglioramento, Bergamo infatti non ne volle sapere di cedere la sua corona a qualche altra pretendente del titolo di città più cara della Penisola. Nonostante quindi a casa nostra - così come annunciato dalle altre 12 città campione Istat nel giorno delle anticipazioni - la variazione mensile dei prezzi fosse stata pari a zero, nel nostro capoluogo però il tasso annuo rimase comunque ben al di sopra rispetto alle altre località di rilevazione, attestandosi cioè sul valore del 3,2 per cento contro il 2,4 per cento medio nazionale.

L’augurio, nell’attesa che nei prossimi giorni vengano resi noti i dati locali relativi a gennaio 2004 (si sa già quando???), è quello che Bergamo apra l’anno non più in qualità di «prima della classe».

Perché ai consumatori, e in particolar modo a quelli maggiormente colpiti dall’aumento indiscriminato dei prezzi (si legga i cittadini a reddito fisso e le fasce deboli della popolazione), a tavola piace portare ben altro che primati di questo genere.

(16/01/2004)

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