Caravaggio, Invernizzi in cerca di un acquirente

Il marchio, che la Kraft ha acquisito nel 1985 dall’omonima famiglia, potrebbe passare di proprietà. Se l’operazione andasse in porto, avrebbe dirette ripercussioni sullo stabilimento di Caravaggio dove lavorano circa 400 persone

Il marchio Invernizzi, che la Kraft ha acquisito nel 1985 dall’omonima famiglia, potrebbe passare ad un’altra proprietà. Secondo indiscrezioni, la multinazionale avrebbe dato alla banca d’affari Schroder Salomon Smith Barney, divisione di Citigroup, il mandato per trovare un acquirente per un marchio ritenuto non più strategico. Sull’operazione non è stato dato alcun dettaglio: dalla Kraft Foods Italia si limitano a non smentire e a non confermare, rimandando a disposizioni della capogruppo americana, da un paio d’anni direttamente quotata in Borsa.

Se l’operazione andasse in porto, avrebbe dirette ripercussioni sullo stabilimento di Caravaggio, attualmente l’unico controllato dalla Kraft Foods in Bergamasca, dopo che nel 1996 è stato chiuso quello di Zingonia, che produceva salse, maionese e margarina. I formaggi con marchio Invernizzi, tra i quali mozzarella, crescenza e gorgonzola, si producono infatti solo a Caravaggio, in uno stabilimento dove lavorano circa 400 persone ma che produce anche formaggi con marchio Kraft, in particolare il Philadelphia, che viene poi venduto anche all’estero. Anche per questa sovrapposizione di produzioni non è chiaro quale potrebbe essere la sorte dello stabilimento di Caravaggio nel caso che venisse venduto il marchio Invernizzi.

La possibilità di una cessione dell’Invernizzi ha sorpreso i sindacati che soltanto lunedì avevano avuto un incontro all’Assolombarda con i dirigenti delle relazioni industriali del gruppo senza che questa eventualità venisse accennata. Ieri il coordinamento sindacale, per chiarire la situazione, ha subito chiesto un incontro all’azienda che si è dichiarata disponibile, ma la data non è stata fissata. «Quando abbiamo chiesto informazioni mi è sembrato che i dirigenti fossero stupiti quanto noi di questa notizia - dice Attilio Cornelli, della Fai-Cisl -. L’impressione è che la decisione possa essere calata dall’alto sui dirigenti italiani da parte del quartier generale americano. Il nostro stupore deriva dal fatto che anche nell’ultimo incontro, lunedì scorso, ci è stato confermato che a Caravaggio vengono confermati investimenti e anche l’interesse per lo sviluppo di nuovi prodotti. Inoltre lo stabilimento di Caravaggio, nel complesso, anche se non per tutte le tipologie di prodotti, ha mostrato anche nel 2002 un aumento dei volumi, dei margini reddituali e della quota di mercato, grazie sia alla flessibilità dell’organizzazione sia alla convinzione di tutti quanti vi lavorano, dagli operai ai dirigenti. Insomma, è una realtà che funziona».

La possibile cessione del marchio Invernizzi potrebbe comportare un nuovo riassetto di Kraft in Italia. Il gruppo a livello mondiale per meglio distinguere le attività alimentari da quelle del tabacco ha cambiato a gennaio nome alla capogruppo, ora chiamata Altria, dalla quale dipendono la Kraft Foods e le società del tabacco Philip Morris Usa e Philip Morris International. In Italia l’ultima riorganizzazione è stata completata cinque anni fa. Nel 1995 la Kraft aveva ceduto la sua quota del 13,85% nella San Pellegrino Spa (che aveva già incorporato la Crippa e Berger-Fonti Levissima) in cambio del decaffeinato Hag e del caffè solubile Faemino. Poi nel 1996 aveva ceduto marchi e stabilimenti per il tonno Mareblù e la margarina Vallè. Nel 1998, infine, ha venduto al gruppo Chiari&Forti i salumi Negroni e la pasta fresca Fini, acquistati 8-10 anni prima, chiudendo inoltre lo storico stabilimento Simmenthal di Monza, con trasferimento della produzione del Lazio.

Secondo gli analisti Invernizzi è molto appetibile sul mercato considerata la recente vendita di altri marchi europei nel comparto del formaggio: la Danone ha ceduto la Galbani (leader in Italia con il 10,5% del mercato) al fondo BC Partners, mentre la francese Bel ha acquistato l’olandese Leerdammer.

Da L’ECO DI BERGAMO del 27/02/2003

© RIPRODUZIONE RISERVATA