C’è ancora amianto nelle aziende bergamasche

Entro il 2015 dovrà essere smaltito per legge dagli edifici. Rischio per i lavoratori edili Anche se la produzione è finita, dal 1990 oltre 250 casi di malattie legate alla sostanza

Sono ormai 15 anni che l’amianto non viene più prodotto e utilizzato nell’industria, sostituito da altre sostanze, ma i problemi e le ripercussioni sulla salute dei lavoratori sono ancora all’ordine del giorno, dato che questa sostanza potenzialmente cancerogena è ancora presente negli stabilimenti. A lanciare l’allarme è il sindacato della Cisl di Bergamo, che in collaborazione con Rsu Fim-Cisl Tenaris Dalmine, Fim-Cisl Bergamo e Filca-Cisl, ieri mattina ha organizzato al Teatro civico di Dalmine un seminario dal titolo “Maledetto amianto! Un’emergenza sanitaria e ambientale presente nel territorio bergamasco” per dare un quadro generale della situazione.

«Questo convegno nasce per fare luce sul problema dell’amianto e la scelta stessa del luogo non è casuale – ha spiegato Gigi Petteni, segretario generale della Cisl di Bergamo -. Proprio qui alla Dalmine, infatti, l’amianto è stato per molto tempo parte integrante dei processi di produzione e sono migliaia i lavoratori che hanno chiesto un riconoscimento dei danni subiti. Purtroppo, però, dato i tempi lunghi di incubazione delle malattie, possiamo immaginare che la situazione possa degenerare nei prossimi anni».

«Il problema è sempre stato quello di quantificare i tempi di esposizione all’amianto, che devono essere di almeno 10 anni per poter ricevere i contributi – ha sottolineato Addolorata Malgeri dell’Inail di Bergamo -. Con il protocollo appena sottoscritto con l’Asl, adesso apriremo le nostre banche dati per poter approfondire le ricerche». E, di fatto, dal registro istituito nel 1990 dalla Provincia di Bergamo presso l’Usc Medicina del lavoro dell’Ospedale in collaborazione con l’Asl, emerge che sono più di 250 i casi di mesoteliomi per cause professionali, che insieme ai tumori al polmone, alle placche pleuriche e all’asbestosi sono le tipiche malattie derivanti dall’esposizione all’amianto.

La maggior parte di questi fenomeni riguardano lavoratori già in pensione, ma la prospettiva è che in futuro i casi possano aumentare, come ha ammonito Giovanni Mosconi, responsabile Medicina del lavoro di Bergamo: «È molto probabile perché i tempi di latenza della malattia possono arrivare anche ai quarantanni. Inoltre, se nel passato i casi di mesoteliomi professionali si concentravano soprattutto nel settore metalmeccanico-siderurgico, oggi è l’edilizia il comparto più a rischio. Dei 250 casi di mesoteliomi professionali rilevati negli ultimi anni, infatti, il 25% riguarda i lavoratori edili, ma anche il tessile è un settore abbastanza colpito a causa dell’amianto che era presente nei freni dei telai». La forte incidenza nel comparto dell’edilizia è legata in particolare alla presenza di amianto nei vecchi edifici, ma il fatto che ci siano anche stabilimenti con coperture in amianto espone anche altri lavoratori a questo materiale.
Sarà necessaria quindi maggiore prevenzione e sorveglianza sanitaria, visto che entro il 2015, per legge l’amianto dovrà essere smaltito e gli interventi di manutezione e rifacimento in campo edilizio saranno molti. «A fine anno dovremo avere una mappatura di tutti gli edifici pubblici – ha spiegato Sergio Pesenti, responsabile servizio prevenzione Asl di Bergamo -. Dobbiamo però anche intensificare i controlli e individuare più tipologie di ex esposti. La situazione non ci deve sfuggire di mano».
Da parte del mondo sindacale, infine, il coro di critica è unanime: «Serve una figura specifica che tuteli la sicurezza e la salute dei lavoratori in azienda – hanno sottolineato Gianni Alioti (Fim-Cisl nazionale), Franco Turri (Filca-Cisl nazionale) e Renzo Bellini (Cisl nazionale) -. Se in passato, infatti, le responsabilità sono sfumate, d’ora in avanti bisognerà coinvolgere gli enti bilaterali e intervenire nel caso in cui le aziende non collaborino per la sicurezza dei lavoratori».

(16/04/2007)

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