Il latte? A chilometro (davvero) zero
E pure tracciabile con un Qr Code

Comunicare la qualità garantendo la tracciabilità. È la scelta fatta dall’azienda «Società Agricola Fumagalli S.S. di Bottanuco» che ha deciso di rendere completamente trasparente agli occhi del consumatore.

Quello che vende al distributore self service collocato vicino alla piazza della chiesa di Bottanuco. Le bottiglie di questo latte infatti hanno un’etichetta che riporta un codice Qr, facile da leggere con un normale smartphone, che spiega le caratteristiche del prodotto e fornisce informazioni anche sulle bovine da cui proviene: la razza, come sono state allevate e alimentate. Vengono illustrati anche i controlli effettuati per verificarne le proprietà microbiologiche e per quanto riguarda le materie prime utilizzate per l’alimentazione delle bovine è addirittura indicata la data di raccolta dei foraggi.

«Abbiamo scelto di utilizzare un prodotto di tracciabilità che si chiama TRusT e di puntare sulla totale trasparenza del nostro latte – spiega la giovane allevatrice Francesca Fumagalli – perché si tratta di un prodotto di alta qualità e ci è sembrato importante poter comunicare questo valore al consumatore, soprattutto in questo momento di confusione generale su ciò che si porta in tavola». La società agricola Fumagalli SS munge 200 vacche di razza frisona, che alleva con una gestione mirata soprattutto alla cura della pulizia in allevamento e al benessere degli animali. Molte di queste bovine sono campionesse e hanno ricevuto premi e riconoscimenti nelle fiere di settore, anche a livello nazionale. «Il nostro intento è di spiegare nel dettaglio gli elevati standard qualitativi del nostro prodotto – prosegue Francesca - per questo mostriamo con chiarezza tutto il lavoro che sta dietro le varie fasi dell’allevamento. Il consumatore deve sapere che il nostro latte è diverso da quello indifferenziato che ogni giorno arriva a fiumi nel nostro Paese».

Il tema della trasparenza e della tracciabilità sono particolarmente sentiti nel nostro Paese, dove non solo due prosciutti su tre venduti come italiani in realtà provengono da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta, come pure la metà delle mozzarelle. «Le singole iniziative messe in atto dagli allevatori per dare la possibilità al consumatore di fare scelte consapevoli sono molto importanti – rileva Coldiretti Bergamo – e sottolineano la necessità di arrivare al più presto all’introduzione dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, come da anni chiede la nostra Organizzazione, una sfida che la Francia ha già raccolto».

In occasione della consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole su questo aspetto gli italiani sono stati molto chiari: il 96,5 per cento vuole sapere con certezza l’origine degli alimenti che consuma. «Impedire che venga spacciato come Made in Italy il latte importato – conclude Coldiretti Bergamo - è un passaggio importante anche per arrivare alla determinazione di un giusto prezzo da pagare ai nostri allevatori».

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