Il progetto di Unioncamere per sostenere la filiera moda

Una struttura dedicata al sostegno della filiera della moda è quanto si accingono a creare Unioncamere e venti Camere di commercio delle province la cui economia è più fortemente legata ai settori del tessile-abbigliamento e delle calzature. Questa è l’iniziativa annunciata dal presidente di Unioncamere, Carlo Sangalli, nell’ambito del convegno di Varese «Globalizzazione sostenibile: una risposta per il tessile e abbigliamento italiano». «Il sistema moda sta attraversando una fase delicata della sua storia e della sua evoluzione - ha detto il presidente di Unioncamere -. In esso operano quasi 105 mila imprese manifatturiere, il 16,2% di quelle italiane, in cui lavorano oltre 800 mila persone, il 16% del totale degli occupati. La maggioranza di questi lavoratori sono donne e quasi la metà di queste attività sono guidate da imprenditrici. Queste imprese - secondo Carlo Sangalli - che operano in un settore leader del made in Italy, hanno bisogno di strutture di riferimento, che siano in grado di mettere in campo azioni mirate alle loro esigenze».

Secondo il presidente di Unioncamere, «oggi più che mai, per essere competitive, le nostre imprese devono puntare sulla qualità delle produzioni. Ciò significa investire nella formazione e nell’innovazione continua. Ecco perché abbiamo deciso di dar vita a questa struttura intercamerale che realizzerà, in sinergia con le associazioni di categoria e con le istituzioni nazionali e locali, specifiche azioni di sostegno per l’aggiornamento delle risorse umane, l’introduzione dell’innovazione tecnologica, la tutela della proprietà intellettuale e l’internazionalizzazione delle imprese».

Unioncamere sta anche sollecitando le istituzioni europee perché venga introdotto l’obbligo di indicare sempre la provenienza delle merci della filiera. «Le imprese - afferma Sangalli - comprendono evidentemente che la sfida della competitività si vince puntando su alcuni fattori chiave: formazione, qualità e innovazione continua, per esempio per studiare e introdurre nuovi materiali tessili. Non si può competere solo abbassando i costi. Dobbiamo competere sul piano della qualità. Una qualità che il consumatore deve riconoscere con facilità e che deve essere perciò tutelata a livello internazionale. Questo ovviamente vuoi dire anzitutto lottare contro la contraffazione e la concorrenza sleale, assicurando controlli severi. Ma significa anche puntare su ciò che rende riconoscibile il Made in Italy, come, ad esempio, i sistemi di etichettatura e di tracciabilità adeguati».

(25/01/2005)

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