Sviluppo e benessere Bergamo al 21° posto

Bolzano, Parma, Reggio Emilia e Trento le province d’Italia con i livelli di «libertà economica» più elevati, con Bergamo che segue non troppo a distanza al 21° posto. Questo il risultato della classifica elaborata dal Centro Studi Sintesi di Venezia sui livelli di sviluppo e di benessere nelle varie aree del Paese, tenendo conto non solo della ricchezza prodotta (Pil) ma anche di elementi sociali, culturali e strutturali, condizioni necessarie e fondamentali perché un territorio cresca e si sviluppi in modo sostenibile.

In Italia, secondo la ricerca, la libertà economica è più forte al Nord e al Centro, mentre nel Sud vi sono ancora elementi di forte criticità socio-economica. Le province «più libere» sono Bolzano (100), Parma (98,3), Reggio Emilia (96,8) e Trento (96,7), alle quali si aggiungono Siena (95,4) e Ancona (88,4), uniche aree del Centro. Tra le aree «molto frenate» si annoverano solo province del Sud, di cui la totalità della Puglia, Palermo (6,4), Crotone (2,3) mentre a chiudere la classifica c’è Napoli (0,4) e Siracusa (0).

Le metodologia adottata dal Centro Studi Sintesi ricalca quella della fondazione statunitense Heritage che annualmente calcola la libertà economica di quasi tutti i Paesi del mondo: l’indice di libertà economica è così il risultato di un insieme di 38 indicatori di varia natura, raggruppati in sei macrotematiche: economia, lavoro, contesto sociale, finanza, fisco e trasferimenti. Quanto più una provincia fornisce dei segnali di dinamicità, tanto più in essa l’iniziativa privata si concretizza, segnalandosi quindi come area economicamente «libera».

Come detto, Bergamo in questo contesto si colloca nella parte alta tra le 103 province italiane collocandosi complessivamente al 21° posto con un indice complessivo pari ad 81,7: quarta realtà lombarda alle spalle di Milano (15ª con indice 86,1) Brescia (17ª, indice 85,4) e Mantova (19ª, indice 84,4). Dal punto di vista delle sei macroaree tematiche, Bergamo si colloca al 53° posto per fattore «economia» (ovvero la capacità di una provincia di creare le condizioni favorevoli per la nascita e lo sviluppo di aree produttive efficienti, un tessuto imprenditoriale tale da riservare spazio anche alle donne e ai giovani, una dotazione infrastrutturale che sostiene il commercio, la distribuzione e il trasporto delle merci), mentre è al 16° posto per «lavoro» (che contempla il saldo entrate-uscite, i vari tassi di occupazione e i tassi di attività). Sul fronte della «finanza» (rapporto tra impieghi e depositi bancari, finanziamenti e tassi di prestito) la provincia orobica si attesta invece in 39° posizione, mentre per tutte quelle variabili sotto la voce «fisco» (percentuale del prelievo sull’imponibile Irpef, gettito lordo Ici per abitante, pressione fiscale locale) Bergamo conquista il 15 esimo posto, quarta in Lombardia dietro Varese, Pavia e Lodi. Diventa invece 24 esima la posizione per «contesto sociale» (indice di scolarizzazione, tasso migratorio, protesti per abitante) e infine Bergamo ottiene il 12° posto nella classifica legata ai «trasferimenti» (spesa per attività produttive e grado di autonomia locale).

Per quanto riguarda le singole macrotematiche, il Nord si distingue per gli elevati livelli di performance economiche raggiunti. Sebbene il Sud abbia registrato negli ultimi anni ottimi risultati sia in termini di creazione di valore aggiunto che di nuove imprese, il Nord Italia ha ancora un maggior reddito disponibile pro-capite, più dotazione infrastrutturale e capacità di interazione commerciale con l’estero. Anche l’analisi della macrotematica del lavoro rileva una grande frattura fra le due aree del Paese: sebbene il Sud, anche in questo caso, sia riuscito a creare occupazione, al vertice della classifica per tasso di disoccupazione e di attività (femminile e giovanile) si trovano quasi solo le province del Nord.

(11/08/2006)

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