Caso Amazon
Lavoro e tutele

La vicenda del «braccialetto» di Amazon al polso dei lavoratori mette in evidenza il tema delle ricadute che le nuove tecnologie, sempre più invasive dentro circuiti produttivi con ritmi e tempi in vorticosa evoluzione, hanno sui contenuti del lavoro e, soprattutto, sui dipendenti. Il progresso tecnologico applicato all’impresa, insieme alle innumerevoli possibilità che offre nell’alleviare o superare mansioni faticose e ripetitive, palesa il lato oscuro di una disumanizzazione del lavoro stesso.

E il «braccialetto» di Amazon è emblematico di come un uso estremizzato della digitalizzazione, in un’ottica ipertrofica dell’efficientismo aziendale, soffochi la dignità ed i diritti delle persone. La cosiddetta impresa 4.0, se agevola indubbiamente un aumento quantitativo e qualitativo della produttività, non deve dimenticare una reciprocità di vantaggi che dovrebbero interessare anche il lavoratore in termini di aumento delle retribuzioni, di condizioni di vita e di organizzazione «umana ed etica» del lavoro. Quindi appare molto incerto il crinale che separa lo strumento hi-tech che agevola qualità e produttività d’impresa e l’assoggettamento della persona a forme di controllo e di sfruttamento che rappresentano un’involuzione di un modello sociale e delle norme fondamentali di un Paese che intende definirsi civile e moderno.

Nel dibattito pubblico che ne è seguito ampio spazio è stato rivolto all’adeguatezza o meno dell’impianto legislativo che regola il lavoro. Da qui il dovere di analizzare e adeguare leggi che puntino, senza timidezze e ambiguità, alla garanzia del rispetto della dignità della persona. Ma oggigiorno, e sempre più nei prossimi anni, l’accelerazione continua delle nuove tecnologie introdurrà nell’organizzazione del lavoro nuovi elementi di confine e di snodo decisamente delicati. La tutela del lavoro, o meglio del lavoratore, non potrà passare solo dalla norma legislativa che per sua natura è generale e di principio, e quindi non in grado di cogliere situazioni concrete in continua evoluzione. La risposta, spesso assente se non addirittura travisata nel dibattito politico, non può che essere quella di un confronto partecipato dagli attori, lavoratori e imprese, sul merito della specifica organizzazione del lavoro e delle condizioni che ne determinano la sua qualità e la sua ripercussione sulle persone. Occorre chiudere una stagione troppo focalizzata sulle regole formali del lavoro e poco determinata ad introdurre elementi vincolanti al confronto e all’accordo tra datori di lavoro e associazioni sindacali. Risulta fondamentale instaurare con le nostre naturali controparti un dinamico sistema contrattuale e di relazioni industriali che stimoli la produttività e i salari, ma partendo proprio dalla valorizzazione della partecipazione e dal ruolo centrale del lavoratore nell’impresa. Un modus operandi che non può essere qualificato come una sorta di orpello del passato soprattutto da un certo approccio politico (trasversale tra i diversi schieramenti) che spesso e volentieri utilizza capziosamente i temi del lavoro in una logica virtuale e ideologica generando grandi errori e criticità (vedi la vicenda dei voucher). L’elemento, invece, determinante sta nel puntare con grande decisione verso una stagione partecipativa dei lavoratori nelle nuove forme di organizzazione del lavoro che si gioca nella prossimità e vicinanza ai processi reali di cambiamento. Una buona politica, in un’ottica vera di sussidiarietà, dovrebbe incentivare con vigore processi partecipati di confronto e di intesa tra i soggetti coinvolti. Questo diventa il principale antidoto per evitare che le nuove tecnologie producano anche frangenti di sfruttamento e disumanizzazione del lavoro. Per l’avvenire le sfide pregnanti si dovranno giocare attorno ad una nuova qualificazione del lavoro, alla messa a disposizione delle persone di percorsi formativi in grado di metterle continuamente in grado di affrontare i processi di innovazione, ad una nuova contrattazione che ponga al centro il riconoscimento professionale. Si dovrà, infine, affrontare la prospettiva occupazione, tema davvero dirimente, anche questo poco presente nel dibattito pubblico. L’intensità e la velocità delle nuove tecnologie accelererà in modo radicale i processi di cambiamento. Già, oggi, molte professioni di medio/basso profilo sono messe in discussione non solo nell’ambito industriale: infatti, saranno coinvolti pezzi significativi del commercio e dei servizi. Tutto questo in un Paese dove non è mai stato affrontato in modo compiuto lo snodo delle politiche del lavoro. Come e quanto si investirà sull’accompagnamento nelle transizioni lavorative e sulla riqualificazione diventerà uno degli snodi centrali per il futuro di milioni di lavoratori e lavoratrici.

La vicenda di Amazon richiama tutto questo, anche in termini molto concreti. Nei prossimi mesi anche il nostro territorio sarà coinvolto da un rilevante investimento del colosso dell’e-commerce nel Comune di Casirate d’Adda. Si parla di un centro con oltre 400 lavoratori. L’effettivo beneficio che ne deriverà per tutto il territorio passerà anche e soprattutto dall’investimento sulla qualità del lavoro e sulle relazioni sindacali.

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