Europa in affanno,
governa l’economia

A Praga ha vinto il Trump ceco. Occorre chiedersi perché popoli che hanno lottato contro il comunismo per la democrazia adesso lascino i partiti tradizionali e si affidino a uomini di dubbia reputazione. Il miliardario Andrej Babis, 63 anni, ex agente della polizia comunista, implicato in diverse inchieste, con accuse anche di frode, ha fondato un partito antisistema ed euroscettico e al primo colpo alle elezioni di sabato nella Repubblica Ceca ha sfondato con oltre il 30 per cento. È bastato un nome, «Azione dei cittadini scontenti», per mobilitare gli elettori. La cosa interessante è che l’altro movimento antisistema, «I pirati», ha avuto il 10,8 per cento e manda in Parlamento 22 deputati.

Se aggiungiamo che la Spd , l’estrema destra xenofoba e euroscettica è a quota 10,7 per cento, di fatto abbiamo a Praga un Parlamento nel quale la semplice parola Europa suona come una bestemmia.

E questo quando in Ungheria è al potere la destra anti-immigrazione ed euroscettica di Orban,in Polonia il partito «Legge e Giustizia» ha asservito al governo il potere giudiziario, in Slovacchia il premier Fico tuona contro migranti e Unione Europea e l’Austria di Sebastian Kurz si avvia alla formazione di un governo con i liberali eredi di Jörg Haider dove albergano nostalgici del nazismo. Alla riproposizione di una nuova omogeneità politica dei Paesi che formavano l’impero asburgico manca solo il Lombardo Veneto. E il referendum per l’ autonomia si muove nel senso di una maggiore responsabilità nella gestione della ricchezza prodotta sul territorio. E tuttavia vi è una differenza marcata. Aneliti anti euro in Italia non hanno grandi spazi. Ed il motivo è semplice: l’economia italiana, e in particolare quella della parte più sviluppata del Paese, è strettamente integrata nel sistema produttivo tedesco. Qui si è capito quello che gli inglesi hanno equivocato e cioè che la fase del mercato comune è stata sostituita da quella dell’economia comune.

Vuol dire,per fare un esempio, che i componenti di un aereo Airbus si distribuiscono fra Francia, Germania, Spagna , Gran Bretagna, senza contare i fornitori. Fondamentale è quindi che questi centri produttivi siano regolati dalle stesse leggi per evitare che si creino disfunzioni nella catena di montaggio, così come nella fornitura. Il libero commercio avviene fra entità omogenee e definite. La Cina con i suoi 1,5 miliardi di abitanti riesce a creare al suo interno sinergie e omogeneità che riducono i costi e aumentano la qualità, lo stesso dicasi per gli Stati Uniti. Trump può permettersi il lusso di imporre dazi del 219 per cento al gruppo aeronautico anglo-canadese «Bombardier» senza che i due Paesi interessati abbiano la forza di fare altrettanto con la concorrenza statunitense.

È una questione di volumi e di peso specifico. L’Italia senza una sinergia con i Paesi europei finirebbe per essere schiacciata tra il vaso di ferro americano e quello cinese.

Gli italiani lo sanno e ben si guardano dal portare avanti illusioni separatiste. Nel corso degli anni hanno imparato ad evitare quello che i catalani, per eccesso di boria, adesso stanno pagando. Marchi storici come Abertis nelle autostrade, Caixa e Banco Sabadell negli istituti finanziari, hanno lasciato Barcellona. La particolarità regionale fa folclore, ma non è amata dalle grandi aziende che vogliono stabilità, omogeneità di leggi e regolamenti.

Nell’Europa orientale i salari sono bassi : per esempio un operaio di Skoda del gruppo Volkswagen costa un terzo che in Germania. Questo ha prodotto un’emigrazione delle forze di lavoro qualificate verso lidi a maggiore retribuzione. Dal 1990 ad oggi sono emigrati 7 milioni dall’Est Europa verso la Germania. Nel malessere che avanza il ruolo accentratore dell’economia tedesca ha il suo peso. Se Berlino non capisce che l’Europa non è la Grande Germania, la frammentazione politica dei singoli Stati avrà il sopravvento sulle ragioni dell’economia.

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