Il caso Ilva
e il senso del ricorso

La crisi dell´Ilva di Taranto non é solo italiana. Va detto perché il piagnisteo e l’autocommiserazione tolgono lucidità. Il presidente della Regione Puglia può dar lustro alla liturgia nazionale del ricorso al salvifico Tar e può avere anche le sue ragioni, ma è un dato di fatto che l´Europa dell´acciaio soccombe. Per poter tenere il passo con il drastico abbassamento dei costi i produttori europei devono venire a patti. Da soli non gliela fanno. Troppo alte le spese a parità di prodotto e senza economie di scala adeguate. O si vende o ci si fonde.

È quello che succede al centro siderurgico di Taranto ed è quello che sta accadendo in Germania dove Thyssen si unisce al 50 per cento con gli indiani di Tata Steel . Un colosso di 48 mila addetti , il secondo produttore in Europa dopo i franco indiani di Arcelor Mittal. La nuova società sarà di diritto europeo con sede in Olanda. Un’unione non indolore perchè circa quattromila posti di lavoro andranno persi, divisi a metà tra le due parti. Da qui la protesta dei sindacati e le manifestazioni di piazza.

Se dall´acciaio passiamo alle turbine, stesso scenario. Siemens annuncia la riduzione di 6.900 posizioni a livello mondiale dei quali 870 a Berlino, mentre un centro produttivo verrebbe chiuso in Sassonia e in Turingia altri posti di lavoro sarebbero a rischio. Perché la crisi è continentale e non c’è Germania o Francia che tenga, senza drastiche razionalizzazioni e senza il legame con quei produttori che sino a ieri erano parte del terzo mondo, l’Europa non gliela fa.

La globalizzazione ha i suoi caduti soprattutto in coloro che perdono il posto di lavoro. E questo spiega il disagio sociale e anche le ventate di protesta che scuotono la scena politica del continente. In questo scenario l’aver trovato un acquirente per il centro siderurgico di Taranto è certamente una fortuna per l’occupazione e soprattutto per il Paese. Molti posti di lavoro andranno persi ma la maggior parte verranno conservati. In caso di chiusura fra addetti e indotto verrebbero azzerati si calcola sui ventimila posti di lavoro. Per l’azienda Italia un conto è avere una produzione nazionale autonoma, un altro è andare a chiedere ai concorrenti esteri. Il prodotto base per qualsiasi società che ami definirsi a vocazione industriale è l’acciaio. Lasciarne la disponibilità a quelli che poi sul mercato ti fanno la guerra è un semplice suicidio.

Questo spiega i 500 milioni dello Stato italiano, cioè dei contribuenti, prestati all’amministrazione straordinaria per tenere in piedi l’azienda sino all’arrivo dell’acquirente. Diversamente da francesi e tedeschi che hanno trattato e trattano i termini di una collaborazione a pari condizioni, gli italiani giungono alle trattative con l’acqua alla gola . Per decenni si è taciuto sulle malefatte ambientali al punto da rendere la vita impossibile ai cittadini.

È questo il costo del ritardo culturale italiano: la leggerezza nell’amministrazione pubblica, insieme ad altri fattori. Per la legge del contrappasso ora la politica cerca di redimersi cercando l´assoluta giustizia in un’operazione imprenditoriale. Che tale rimane perché chi investe deve avere il suo tornaconto. La nuova proprietà impiega 1,2 miliardi per il risanamento ambientale. Una cifra rilevante che ha il solo difetto di essere spalmata in più anni. Si vorrebbe tutto e subito. Cercare di sfuggire alle proprie responsabilità sperando in un giudice benevolo. Ma in economia tutto ha un costo. Una lezione che prima o poi andrà imparata anche in Italia.

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