In politica l’onestà
non basta

L’affermarsi di una classe politica molto spesso corrotta, in larga misura incompetente e sempre più tesa a perseguire interessi di parte, ha allontanato progressivamente la gente dalla politica. Ne è conferma la scarsa affluenza - in gran parte sotto il 50% - alle ultime amministrative, che in passato avevano fatto registrare numeri maggiori rispetto a quelli delle elezioni politiche. Da qui, la necessaria tendenza a porre l’onestà, ancor più che la competenza, quale primo e principale requisito per chi faccia politica.

Una tendenza alimentata e sostenuta da più partiti, su tutti il M5S attraverso la rete e i vari incontri di piazza. Se ne è avuta palese conferma qualche tempo fa, all’uscita della bara di Gianroberto Casaleggio dalla chiesa di Santa Maria Maggiore a Milano, quando dirigenti e simpatizzanti del M5S hanno levato il grido «onestà-onestà».

Un fenomeno simile si era presentato in passato quando, dopo le vicende di Tangentopoli, una nuova formazione politica come la Lega si era rappresentata come il «partito degli onesti», salvo dare successivamente esempi di ben altro tipo. Questa vicenda, come altre, sta a dimostrare come nei movimenti politici nascenti il tasso di idealismo e di onestà sia maggiore perché minore è la contaminazione con il potere. Tuttavia, quando le sirene del potere si fanno sentire anche sui nuovi arrivati, il tasso di «virtuosismo» comincia a scemare. Non devono stupire, quindi, gli scricchiolii che avverte oggi anche il M5s per i comportamenti, quantomeno discutibili, di alcuni suoi esponenti. Ben maggiori problemi, però, per il Movimento stanno emergendo proprio per aver scelto l’onestà quale requisito autosufficiente nella scelta dei propri rappresentanti.

Emblematico il caso del Comune di Roma dove, con la Sindaca Raggi, sono stati eletti numerosi Consiglieri inappuntabili sul piano dell’onestà, ma assolutamente impreparati per affrontare compiti che richiedono specifiche competenze professionali. Da qui, l’esigenza di ricorrere a professionisti esterni per ricoprire importanti Assessorati, da cui sono derivate disfunzioni e non pochi problemi, sui quali si sta soffermando l’attenzione della Magistratura. Questa circostanza, come tante altre, dimostra che essere onesti non è una garanzia sufficiente per garantire buona politica e buona amministrazione. Di ciò si ritrovano molte conferme nelle esperienze politiche del passato. Per fare solo un esempio, Giolitti fu costretto alle dimissioni perché, in qualche misura, coinvolto nei tanti intrecci tra finanza e politica che caratterizzarono lo scandalo della Banca Romana. Ciò non toglie che Giolitti fu un grande riformista e che, se ne avesse avuto i poteri, molto probabilmente avrebbe tenuto il Paese fuori dalla Prima guerra mondiale, a differenza dell’onesto ma insipiente Salandra, che non ne fu capace.

C’è bisogno certamente di consiglieri comunali, regionali e di Parlamentari onesti, in grado di sottrarsi ad ogni forma di corruzione. Ma la diffusa presenza di esponenti politici impreparati e per questo non in grado di rispondere adeguatamente alle istanze dei cittadini, porta inevitabilmente alla crisi dell’unica democrazia possibile, quella rappresentativa. Si può dire, quindi, che l’onestà debba essere l’imprescindibile «precondizione» per ogni tipo di attività, la cui «condizione» di successo è però sempre legata a specifiche e adeguate competenze. Purtroppo, nel mondo politico è un po’ di tempo che i concetti di competenza e preparazione hanno perso importanza di fronte al mito dell’uomo comune, all’elogio continuo del semplice cittadino, che per il solo fatto di essere onesto ed estraneo al potere si sente migliore di chi lo governa.

In realtà, la crisi della politica è anche crisi della formazione alla politica, ambito nel quale fin troppe cose sono lasciate al caso e all’improvvisazione. La perdita di peso dei più importanti schieramenti politici fa apparire assai difficile, oggi, la riproposizione delle vecchie scuole di partito che hanno caratterizzato positivamente la Prima Repubblica. È estremamente necessario, però, che ogni forza politica pensi a forme diverse e nuove modalità di preparazione per tutti i propri aderenti che scelgono di abbracciare l’impegno attivo. Rilanciare l’importanza di una naturale gavetta formativa alla politica contribuirebbe a ridare alla politica stessa il proprio necessario respiro culturale, il pensiero articolato, la capacità di leggere con strumenti adeguati le trasformazioni in atto.

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