Innocenti di Mosul
Il grido del Papa

Non importa chi vince a Mosul. Perché la questione non è militare, ma politica. Quando Papa Francesco, come ha fatto all’Angelus ieri mattina, dice che ormai siamo «senza parole» davanti alla «crudeltà» e conferma che ormai non ci sono che le lacrime, inchioda sulla coscienza immemore del mondo intero il principio dell’inutilità della guerra per la risoluzione di qualsiasi controversia. La guerra porta solo crudeltà e la crudeltà fa piangere, ha spiegato ieri scandendo le parole. Quando una settimana fa si cominciò a raccontare come un’epopea la battaglia per Mosul, che avrebbe finalmente portato alla caduta del Califfato dei tagliagole, troppa attenzione si è riversata sugli aspetti strategici e squisitamente militari dell’impresa. Sembrava che liberare le città e contenere le perdite tra i civili ostaggio della mezzaluna nera fosse l’unico ragionamento da fare.

Adesso è chiaro che le crudeltà andavano messe in conto. Eppure nessuno pensa a quello che dovrà venire dopo. Francesco ha usato un’espressione che davvero lascia senza fiato, eppure continua a ripeterlo. Sono solo tre parole, ma hanno una forza evocativa straordinaria del groviglio di tragedie che è diventata la regione: «Da troppo tempo». Significa che la misura è colma, anzi ha tracimato. «Da troppo tempo» si procede tra violenza efferata e crudeltà spaventose in un sostanziale pareggio del terrore, dove è chiaro solo chi perde. Per dirla con le parole del Papa «cittadini innocenti» e tanti «bambini». Non importa chi siano, musulmani o cristiani o gente di altre religioni. Francesco non è rimasto impressionato dalla distruzione e della profanazione delle chiese. Non ha fatto nemmeno un cenno ieri mattina alle immagini delle chiese sventrate, i libri sacri per terra, le croci spezzate, gli altari frantumati, gli arredi bruciati. C’è ben altro per scuotere le coscienze e dovrebbero essere gli «innocenti» che vanno a morire, anche «uccisi a sangue freddo». Francesco cambia il paradigma e gli «innocenti» non sono più danni collaterali della guerra. Ma la coscienza del mondo non si scuote. Anzi prosegue nell’ennesima battaglia, questa volta per Mosul, ma prima fu per Baghdad, poi per Falluja città mai diventate monito dell’insipienza di chi ritiene di capitalizzare successi politici e diplomatici con l’azione militare.

Ora sembra che la battaglia per Mosul possa decidere il destino della regione e anche di tutti gli jihadisti. Ma non accadrà, perché la contraddizione connota l’azione della coalizione che sta combattendo e ognuno cercherà comunque di utilizzare ogni avvenimento a proprio vantaggio. Per questo siamo senza parole e per questo non ci resta che piangere di fronte alle notizie che arrivano dall’Iraq. Le parole del Papa di ieri all’Angelus sono risuonate come un appello.

Ma cosa può fare un Papa se non lanciare appelli, confidando cocciutamente nella buona coscienza degli uomini che hanno in mano le chiavi delle soluzioni politiche e poi non le usano? Giovanni Paolo II di fronte alle Guerre del Golfo, la prima e la seconda, lanciò appelli drammatici prontamente disattesi.

Nessuno, oltre ad armare eserciti di varia foggia e natura e oltre a (s)ragionare di guerre preventive e di guerre per la democrazia e la libertà, si è mai posto il problema reale di una nuova governance del Medio Oriente e della gestione più democratica delle sue risorse, nel rispetto dei cittadini e delle comunità. C’è stato sempre qualcuno che ha fatto leva sull’inciampo, convinto che il groviglio dei problemi in Medio Oriente sia sempre più conveniente della ricerca di nuovi equilibri.

Così tutto resta precario da quelle parti e l’unica certezza «da troppo tempo» è la conta delle crudeltà. Naturalmente la violenza di ieri viene amplificata nella violenza di domani. In questi decenni abbiamo assistito ad una sorta di gara nella ricerca dell’efferatezza. Chi ricorda Abu Ghraib, la prigione delle torture americane o l’esecuzione di Saddam mostrata a favore di telecamere? Siamo sicuri che le crudeltà dell’Isis non siano la risposta tragicamente dilatata di ciò che abbiamo già visto?

La crudeltà è l’unico bene di consumo politico nel mercato degli interventismi militari. Nessuno oggi ragiona più, nemmeno al livello di chiacchiera, della possibilità di una conferenza sul Medio Oriente. Al Palazzo di Vetro si assiste solo ad un contrappunto di veti, mentre la decisione è lasciata al campo di battaglia in un crescendo di violenza privo di quel minimo sentimento di umanità che pure una guerra dovrebbe prevedere.

Così nel groviglio del Medio Oriente non si scorge null’altro che crudeltà. Ma le lacrime scorrono purtroppo solo sul volto di pochi.

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