La manovra anti evasori
Il Giano bifronte

Il Documento di economia e finanza rappresenta, come è noto, uno degli atti fondamentali dell’azione di governo. Costituisce un caposaldo del patto tra istituzioni e cittadini, patto che ha alla sua radice il rapporto tra diritto dello Stato di imporre tributi e legittimità di tale imposizione. Non a caso, «no taxation without representation» è la celeberrima frase - attribuita al pastore Jonathan Mayhew in un sermone del 1750 – con la quale si identifica il legame tra potestà fiscale dello Stato e diritti - assicurati dalla rappresentanza - degli appartenenti alla società civile.

Anche per «l’anno che verrà» la lotta all’evasione fiscale viene indicata come uno degli obiettivi primari del governo: lo si apprende dalle note di commento sul Documento di economia e finanza discusso e approvato in Consiglio dei ministri. La circostanza non sorprende e può anche consolare le menti dei cittadini benpensanti. Finalmente si cambia, si potrebbe ragionevolmente credere. Ahinoi, non è proprio così.

A raffreddare potenziali entusiasmi bastano alcune banali considerazioni. A cominciare dal fatto che il proposito annunciato è diventato una sorta di mantra evocato in ogni dove (discorsi in Parlamento, atti ufficiali, dibattiti televisivi, interventi sui social media), ma soprattutto formalmente indicato nell’atto cardine dell’azione di governo. Non è un caso che il documento sia stato «licenziato» (come si dice in gergo tecnico) dal Consiglio dei ministri «salvo intese». Memorabile formula magica dietro la quale si nasconde - ma ormai soltanto per i bambini dell’asilo - una verità molto meno rassicurante: in realtà, non si sa come si potranno rispettare tutti gli obiettivi fissati e, sotto alcuni versi, imposti da vincoli europei. Difficoltà che, a loro volta, derivano dalla mancanza di accordo tra le forze che sostengono il governo.

In siffatte condizioni l’annuncio di voler intensificare la lotta al fenomeno dell’evasione e dell’elusione fiscale si rivela uno stanco simbolo della liturgia politica, una sorta di archetipo del «vorrei ma non posso». Di conseguenza, l’espressione «efficientamento tributario» - adoperata dal ministro dell’Economia, Padoan, per indicare la volontà dell’esecutivo di condurre una più incisiva azione di contrasto dell’evasione fiscale – fa quasi tenerezza. Le formule si ripetono, si moltiplicano, si rincorrono. Ma l’originalità e la fantasia verbale non possono cambiare la realtà: l’amministrazione tributaria resta miseramente molto al di sotto di una soglia di accettabile funzionalità. Il risultato è – e non potrebbe non essere – la progressiva perdita di credibilità del ministro e del governo nel suo insieme. A tale calo di credibilità concorre anche la visibile incertezza sui provvedimenti con i quali la manovra finanziaria per 2018 dovrebbe riuscire a coniugare misure espansive senza introdurre nuove tasse né elevare quelle esistenti. Le ragioni dello scollamento tra annunci e realtà non sono del tutto ignote: la fragilità degli esecutivi e la litigiosità tra le forze che sostengono i governi, nonché quella interna a ciascuna di esse, producono inevitabilmente programmi pasticciati e, insieme, difficilmente attuabili.

È quindi evidente che una reale svolta si produrrà soltanto in presenza di un governo che sia fortemente orientato a combattere la piaga dell’evasione, avendone realmente la possibilità. E ciò dipende essenzialmente da due fattori: un esecutivo politicamente compatto e forte di una legittimazione elettorale adeguata; un’amministrazione fiscale efficiente e determinata, sia nell’azione di accertamento, sia in quella di repressione delle frodi fiscali.

Se ciò non accade, continueremo ad avere uno Stato con le sembianze di Giano bifronte: la faccia feroce rappresentata da un livello di tassazione esageratamente alto; l’altra faccia che rappresenta l’incapacità di perseguire l’evasione fiscale. Allora – suggerivano ieri in radio a «Il ruggito del coniglio» – non rimarrebbe che istituire una tassa sull’evasione fiscale: si può evadere, ma in compenso si pagano le tasse sul reato commesso.

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