La protesta
esercizio della mandibola

In democrazia, l’opposizione al governo può concretarsi in una serie di proposte alternative alle scelte decise dalla maggioranza, oppure in una serie di argomentazioni astratte, volte a suscitare reazioni emotive. Si manifesta cioè in forme di protesta fini a se stesse, che in definitiva sono solo un ottimo esercizio della mandibola per chi le proclama.

Tale mi pare sia il caso quando si afferma che le scelte del governo sono solo un’adesione agli indirizzi della commissione europea di Bruxelles e pertanto, senza dimostrare l’assunto, orientate principalmente alla austerità, al rigore e ai sacrifici. Dichiarazione non seguita da proposte alternative, possibili senza richiedere di non rispettare i patti sottoscritti. Tale mi pare la situazione, al presente, in Italia. La Grecia che come alternativa agli indirizzi di Bruxelles reclama i danni della seconda guerra mondiale alla Germania è un esempio di esercizio della mandibola per giustificare il proprio dissesto, dimenticando che nella realtà vale il principio per cui «nessun pasto è gratis».

Se non fossimo corretti partecipanti all’Unione europea e all’eurozona, avremmo i saggi di interesse quasi nulli e la possibilità di fare accettare ai mercati il nostro debito pubblico? Certo no! Finiremmo nel caos sociale e nella distruzione della moneta che sostituirebbe l’euro. Avremmo grandi difficoltà nel commercio internazionale. Il Paese finirebbe con l’essere emarginato. Si può immaginare un programma di governo per cui non si vogliano rispettare gli impegni con l’Europa, e si pretenda che gli altri stati dell’Unione europea assicurino aiuti e piena solidarietà? Queste sono argomentazioni da campagna elettorale, non di politica in senso proprio e tanto meno di «buon governo».

Dire no senza valide proposte alternative non significa fare un’opposizione democratica, vuol dire solo che non si hanno idee mentre si coltivano ambizioni di potere: plausibilmente non democratico.

Ciò premesso, non si può dedurre che, in Italia, le scelte del governo Renzi siano le migliori possibili. Sono condizionate dall’istinto di anteporre gli interessi della propria parte e di vincere le prossime elezioni politiche generali. Condizioni comprensibili sul piano della fragilità umana. Non è, a mio parere, sulla scena uno statista come Schroeder , le cui riforme molto giovarono alla Germania, ma costarono in seguito a lui l’insuccesso elettorale, anche per le opposizioni interne di partito.

L’arte del «buon governo» non è una condizione diffusa. Basta che si cerchi di concretare simile attività come un mestiere, senza finte forme di moralismo, di solidarietà umana, di osservanza puntuale delle regole invece in parte non rispettate. I governati sanno essere generosi nel capire la propensione dei governanti a volere conservare il proprio potere se il prezzo da pagare è tollerabile e le alternative sono più aleatorie. I governati sono anche una massa esposta alle lusinghe della demagogia, ma poi divengono severi giustizieri nei confronti di chi li ha ingannati. Consiglierei perciò prudenza a chi è solo capace, al momento, di applicarsi alla ginnastica della propria mandibola.

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