L’economia in apnea
si affida a Draghi

Borsa piatta ieri, incerta sul da farsi. Si guarda a giovedì, quando Mario Draghi alla fine della riunione della Bce ci dirà cosa intende fare. Ci si attende che consolidi l’acquisto di titoli di Stato e di obbligazioni, anche senza allungarne per ora la durata ma ampliando il portafoglio.

Quando si guarda a Draghi vuol dire che l’economia è ancora in apnea e che non si vedono altri possibili spiragli. Siamo ancora in affanno e le speranze che la crisi passata fosse un fenomeno ciclico sono un lontano ricordo. Del resto ce n’eravamo accorti in Italia con il dato del Pil del secondo trimestre che, malgrado le attese migliorative da parte del Tesoro, è stato confermato dall’Istat a zero: zero crescita, economia ferma. Se i dati reali non danno segni di risveglio non resta che appigliarsi ai salti mortali della finanza: Draghi salvaci tu.

Come sempre però i dati non sono mai netti, ma costantemente incerti, contraddittori, tanto che gli ottimisti sono pronti a esaltare il bicchiere mezzo pieno e le Cassandre a denunciare che per metà è vuoto.

Numeri sull’altalena anche ieri. Il Tesoro ci ha fatto sapere che nei primi otto mesi le entrate fiscali sono cresciute: come aveva denunciato due giorni fa sul Corriere della Sera l’ex consigliere di Palazzo Chigi Roberto Perotti, non solo siamo più poveri ma paghiamo anche più tasse. I suoi numeri sono stati contestati ieri, sempre sul Corriere, dal commissario alla spending review, il renziano Yoram Gutgeld.

Il problema è sempre quello del punto di vista: anche sugli introiti fiscali, per restare all’ultimo dato che citavamo, c’è da rilevare che a crescere più della media è l’Iva. Se crescono gli introiti Iva crescono le tasse ma vuol dire che crescono i consumi. E se si consuma di più vuol dire che qualche segno positivo il quadro economico lo dà. A chi credere dunque?

Sicuramente permane un clima di grande incertezza e non pare che le politiche messe in atto finora, a livello nazionale e internazionale, siano in grado di guidarci fuori dal guado.

Possiamo stare a disquisire sui decimali, decidere se è meglio guardarli dal basso o dall’alto, ma quello che è certo è che l’inversione di tendenza ancora non si vede, né si vede una politica in grado di toglierci dai guai. Resta Draghi, appunto, a gestire – molto bene, per carità, se non ci fosse sarebbero davvero guai seri – la crisi. Ma sempre lì siamo.

Anche il quadro internazionale sembra ripercorrere lo stesso identico, copione. Dal G20 cinese sono arrivati innegabili segnali positivi: l’accordo sino-americano sul clima è senza dubbio un passo in avanti notevole se non altro per due ordini di questioni.

Il primo è che la Cina ha intenzione di partecipare in maniera attiva e propositiva alla gestione internazionale della crisi portando l’apporto di un’economia, per quanto in frenata, espansiva. Gli Stati Uniti dimostrano che non resteranno fermi per i prossimi 5 mesi, fino all’entrata in carica del nuovo presidente chiunque esso sia. Ma Obama promette di continuare ad operare energicamente fino a quando lascerà la stanza ovale.

D’altro canto però i grandi del mondo dimostrando che a farla da padrone oggi sono le politiche protezioniste (non a caso si parla solo di paradisi fiscali: giusto combatterli, ma per fare cosa?) e a vincere le elezioni sono i partiti isolazionisti. Nel mondo vince la paura e con la paura, si sa, non solo non si esce dalla crisi ma ci si ficca sempre più con la testa sotto la sabbia invece che alzare lo sguardo e cercare di guardare lontano.

Intanto da noi stenta a partire un dibattito che sia contributo positivo di idee sulla prossima legge di Stabilità. Quelle che si vedono in giro sono poche idee e vecchie. Per ora non si vede una seria politica di investimenti, la sola che può promettere ripresa.

L’unico fatto nuovo da questo punto di vista è stato purtroppo il terremoto: la tragedia dovrà essere capace di asciugare le lacrime con una massiccia dose di investimenti, pubblici e privati. Quello che non siamo capaci di fare con la programmazione siamo obbligati dalla natura a metterlo in campo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA