Stop ai voucher
ed è subito caos

Per evitare il referendum del 28 maggio promosso dalla Cgil sui «buoni-lavoro» il governo ha adottato una soluzione molto drastica: cancellare tutti i voucher prossimi venturi (quelli già venduti saranno validi fino a fine anno). Il primo risultato naturalmente è il caos. La maggior parte di chi ha provato a chiamare l’Inps o a cliccare sul sito per attivare i buoni ancora in possesso ha realizzato che l’impresa è impossibile, sito bloccato e centralini intasati. Anche le tabaccherie di tutto il Paese sono state prese d’assalto per accaparrarsi gli ultimi buoni disponibili. Come al solito in Italia si è preferito risolvere un problema cercando di cancellarlo.

Introdotti 14 anni fa dalla legge Biagi, i buoni-lavoro andavano senza dubbio limitati e meglio regolamentati, ma non aboliti. Dopo l’abolizione dei voucher infatti il problema è rimasto lì in tutta la sua evidenza, aggiungendo anzi ulteriori complicazioni. Come è noto, i tagliandi da 10 euro venivano anche usati dai caporali o da datori di lavoro spregiudicati come copertura del lavoro nero o per altre forme irregolari di impiego.

Alcuni assoldavano i dipendenti in nero e tenevano i voucher nel cassetto, pronti da esibire in caso di ispezione. Altri facevano girare intorno a una macchina più lavoratori a ore, anziché prendere un operaio a tempo indeterminato come impone la legge. È chiaro che queste forme improprie di violazione delle leggi sul lavoro e di elusione fiscale e contributiva andavano contrastate.

Ma quel che è accaduto è un po’ come se per evitare l’influenza si fosse vietata nelle farmacie la vendita di tutti i termometri oppure se per limitare l’uso improprio delle armi da taglio si fossero requisiti anche i coltelli da cucina: come lo tagli l’arrosto o il pane per il pranzo e la cena? E inoltre siamo sicuri che eliminando i voucher si sia eliminato il lavoro nero? I caporali e gli imprenditori senza scrupoli sono già lì ad escogitare altre forme di copertura: lavori part time, collaborazioni fittizie, lavoro intermittente, i mezzi e mezzucci non mancano, abolita la legge trovato l’inganno, si dice.

Per il momento il governo sembra essersi reso conto dei tanti guai che la cancellazione dei voucher ha provocato per le famiglie: quanti, eliminata la possibilità di passare dal tabaccaio, sanno redigere un contratto di lavoro, finalizzare l’accordo con il lavoratore occasionale, gestirne i numerosi adempimenti, comprese le comunicazioni obbligatorie? O dovranno tutti ricorrere a un commercialista?

Il governo per metterci una pezza ha annunciato che i voucher verranno sostituiti con strumenti più complessi ad uso soprattutto delle famiglie alle prese con la badante, con la baby sitter o le lezioni private dei figli. Ma i lavori occasionali non riguardavano solo le famiglie. Nel settore del turismo, dei servizi, del commercio e della vendita al dettaglio erano molto usati. Ad esempio un’impresa che apre un punto vendita e ha bisogno di personale per allestirlo. Oppure un’azienda agricola che deve organizzare la raccolta di prodotti stagionali. L’impossibilità di utilizzare i voucher sta creando problemi persino nel calcio professionistico, poiché gli steward, ovvero i lavoratori «della domenica» che allo stadio si occupano dei posti a sedere indossando una pettorina gialla, non possono più essere retribuiti in questo modo. Stesso discorso per le maschere dei teatri e per altre innumerevoli prestazioni occasionali. I giuristi dicono che si è anche realizzato un vuoto normativo enorme, che il governo sta cercando di colmare. Ma intanto, per evitare che il nuovo segretario del Pd, previsto alla fine di aprile, si trovi alle prese con l’ennesimo referendum, si è preferito gettare il bambino con l’acqua sporca, specialità tutta italiana.

© RIPRODUZIONE RISERVATA