Terremoti, la storia
non insegna nulla

Solo negli ultimi otto anni in Italia vi sono stati i terremoti dell’Aquila nel 2009, dell’Emilia nel 2012, del Centro Italia del 2016 e ad Ischia nel 2017. Nei decenni scorsi ve ne furono in Sicilia, in Friuli, in Irpinia, a Napoli. L’Italia è un Paese ad alto rischio sismico. Se scorriamo le cronache dei giornali e delle televisioni si direbbe che ogni volta è una novità. Lutti, atti di eroismo civile, catene di solidarietà mobilitano il Paese. Si ripete costantemente lo stesso copione come se fosse sempre la prima volta.

La frequenza degli eventi tellurici ha però attirato l’attenzione dell’opinione pubblica straniera su un codice di comportamento che suscita sentimenti di commozione ed al contempo di straniamento . Com’ è possibile che dopo tutte le catastrofi subite nel tempo – per inciso a Ischia già nel lontano 1883 il terremoto causò la morte di 2.333 persone – non ci si sia posto il problema di ridurre al minimo i danni e di avviare progetti di edificabilità antisismica. Con tutta l’esperienza acquisita nel tempo l’Italia dovrebbe essere all’avanguardia nel settore delle costruzioni a ridotto impatto tellurico.

Così almeno si fa nei Paesi cosiddetti civili. Il Giappone insegna ma anche la California ha messo in atto un programma di prevenzione del rischio sismico. In Germania dove il rischio terremoti è zero ma quello delle alluvioni è all’ordine del giorno, l’emergenza si dilata nel tempo sino a quando non si è posto mano ai rimedi. Sorge quindi spontanea la domanda: ma in Italia cosa fanno? Ed ecco allora che l’indagine giornalistica diventa impietosa. Se nei telegiornali italiani prevale la descrizione dell’evento e soprattutto della reazione emotiva degli interessati, in quelli europei si rovescia il rapporto: scene di dolore ma poi i fatti. Costruzioni abusive, materiali scadenti, assoluto non rispetto delle regole, i sindaci che sembrano volgere lo sguardo, un degrado che ancor prima di essere edilizio è civile e morale.

Così si viene a sapere che a Ischia, secondo Lega Ambiente sono 27 mila le domande di condono su 62 mila abitanti , uno per famiglia, e che quando nel 2010 arrivano le ruspe per dar corso alle 660 ordinanze di demolizione i cittadini scendono in piazza al grido «sulla scheda elettorale scrivi voto abusivo». Con successo, visto che sull’isola dal 1988 al 2003 è stato eseguito lo 0,75% delle ordinanze di demolizione.

Hanno costruito in prossimità di scarpate, di zone sismiche, di zone franose, dice il giudice Aldo Di Chiara, che ha passato la sua vita a combattere l’abusivismo, ma contro le demolizione non c’è destra o sinistra che tenga, sono tutti contro. Così la colpa resta solo alla natura matrigna. Dice il presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Carlo Doglioni: «I terremoti si dimenticano presto, è naturale eliminare il dolore. Questo aiuta la ricostruzione ma non la prevenzione perchè induce ad atteggiamenti fatalistici e quindi a non far nulla».

Ecco questo è il vero problema ,se al vulcanologo che viene a parlare del rischio sismico dell’isola si risponde con il cornetto perchè porta jella. Così ogni notizia sui terremoti è diventata per la pubblica opinione europea uno spot pubblicitario su un’Italia da Medioevo che non cambia nel tempo e sulla quale la parte più evoluta del Paese sembra incapace di incidere. Perché di questo passo è ormai chiaro anche all’estero che la questione meridionale sta tracimando e trascina l’intera nazione nella sua incapacità di risolvere i problemi. La conseguenza è una sola: o la classe dirigente di questo Paese è in grado di offrire un progetto di riscatto nazionale oppure saranno gli altri a dettarci la linea.

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