Terrorismo e scioperi
Francia nel pallone

Il presidente Hollande non ha misurato le parole: «La minaccia contro la sicurezza di Euro 2016 esiste e vale per un periodo che sarà lungo» ha dichiarato a France-Inter. Sia pure in toni meno allarmanti, gli hanno fatto eco il ministro degli Interni Cazeneuve e alcuni alti dirigenti della sicurezza. Tutti sono convinti che domani, quando i campionati inizieranno con la partita Francia-Romania nello stadio di St. Denis (lo stesso dove tre kamikaze dell’Isis cercarono invano di penetrare con le loro cinture esplosive, in coincidenza con la strage del Bataclan) inizierà per il Paese uno dei periodi più difficili e pericolosi degli ultimi anni.

La situazione è resa più complessa dalla coincidenza con gli scioperi del sindacato comunista Cgt contro il nuovo Jobs act, che durano ormai da diverse settimane: la polizia è infatti persuasa che i manifestanti – spesso assistiti da gruppi di Black Block – approfitteranno della presenza massiccia di giornalisti e Tv stranieri per ottenere un maggiore impatto mediatico, attaccando soprattutto il settore dei trasporti in cui è facile creare disagi alla popolazione. La giornata più temuta è il 14, quando la controversa legge, che il governo ha fatto passare senza voto all’Assemblea nazionale, avvalendosi di un articolo della Costituzione quasi mai usato in precedenza, passerà all’esame del Senato. In un certo senso, l’esecutivo è preso tra due fuochi.

Bisogna riconoscere che il governo francese ha preso tutte le precauzioni possibili per evitare nuovi attentati. Lo Stato di emergenza, proclamato dopo il Bataclan, è ancora in vigore e consente alla polizia perquisizioni senza mandato e fermi prolungati. A vegliare sulla sicurezza dei 2,5 milioni di tifosi che assisteranno alle partite saranno 70.000 poliziotti e 13.000 guardie private e negli stadi sarà installato perfino un nuovissimo sistema antidroni. Ma gli obbiettivi possibili degli attentatori sono troppo numerosi per essere adeguatamente protetti, e un test effettuato proprio a St. Denis il 21 maggio in occasione del derby Psg-Olympique Marsiglia ha dato risultati poco rassicuranti: la chiusura di 22 dei 26 accessi ha provocato un enorme caos, e nonostante la vigilanza triplicata i tifosi sono riusciti a fare entrare nello stadio fumogeni, caschi, bottiglie di vetro, bastoni.

Paradossalmente, uno dei motivi di preoccupazione è che, dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, non si è più mossa foglia. Gli ottimisti pensano che ciò sia dovuto agli arresti effettuati e alla liquidazione delle principali cellule jihadiste, i pessimisti temono che queste siano invece impegnatissime nella preparazione di azioni spettacolari in occasione degli Europei. L’arresto al confine ucraino-polacco di un estremista di destra con un imponente carico di armi ed esplosivi e l’intenzione confessa di compiere 15 attentati agli Europei non è invece stato preso troppo sul serio alla Sureté, anche perché l’individuo appartiene al fronte opposto e dovrebbe se mai avere come obbiettivi moschee e banlieue.

Il governo riformista di Manuel Valls, alle prese contemporaneamente con un conflitto sociale tra i più duri degli ultimi vent’anni e con una minaccia terroristica sfuggente, è conscio che, nel prossimo mese, si gioca il proprio prestigio e fors’anche la propria sopravvivenza. Se riuscirà a fare in modo che tutto fili liscio, si rafforzerà sia sul fronte interno sia su quello internazionale. Invece, un solo attentato riuscito, anche in uno stadio di provincia, potrebbe significare la catastrofe, con ripercussioni perfino sulla Brexit. A tenere le dita incrociate non devono essere solo i francesi, ma tutti gli europei.

© RIPRODUZIONE RISERVATA