Troppe leggi in Italia
Un male irrisolto

Era l’anno 2014 e tutti l’osannavano per combattere il male endemico del Paese: la corruzione. Sono passati tre anni e all’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) ora ne dicono di tutte. L’accusa: causa di ritardi nella ricostruzione post-terremoto di Amatrice e dei paesi colpiti dal sisma del 24 agosto scorso. Ma i controlli dell’Autorità sono preventivi e con tutto quello che è stato fatto dal terremoto ad oggi l’Anac c’entra solo in parte. La sua azione è di lavorare in stretto contatto con il commissario straordinario per rendere efficaci i controlli contro le infiltrazioni mafiose in fase di ricostruzione.

Lo dichiara chiaramente il suo presidente Raffaele Cantone e non uno osa dire che non sia così. Ma ad Amatrice e dintorni hanno fretta . E con ragione. Chi è senza casa ha diritto di sapere che ne sarà di lui e dei suoi averi. Vorrebbe che si provvedesse al più presto per creare condizioni dignitose di vita. Ma poi ci si mette il freddo, le nevicate epocali e un terremoto che non sembra aver fine.

Così mercoledì prossimo gli abitanti delle zone colpite dal movimento tellurico andranno a Roma per chiedere, come dice il sindaco di Amatrice, dignità. Il che tradotto vuol dire: muoversi, fare di più. La croce tutta italiana sta proprio qui: bravissimi nell’emergenza, nella solidarietà umana del momento - basti vedere quale moto d’animo ha scosso la nazione nella tragedia di Rigopiano e del salvataggio di alcuni dei dispersi - salvo poi perdere lentamente intensità appena subentra la fase preventiva, organizzativa, la pianificazione, la costruzione. Mentre è la quotidianità che dovrebbe far emergere i buoni propositi in Italia è il contrario. Un’emozione distribuita nel tempo mobilitante e civicamente edificante fatica a farsi strada. È nell’emergenza che si compie il riscatto del Paese. Si capiscono quindi i crucci di chi deve sovrintendere alla macchina organizzativa e deve, per esempio, impedire che succeda quel che è successo all’Aquila nel terremoto del 2009. Mentre la gente moriva c’era chi rideva e con gli amici al telefono gioiva per i buoni affari che la ricostruzione avrebbe garantito.

E chi non dimentica la casa dello studente del capoluogo abruzzese caduta quasi subito perché costruita con la sabbia per risparmiare cemento? I giovani che vi morirono sono le vittime sacrificali di un sistema perverso, dove la malavita domina gli affari e impone leggi che la società civile non può tollerare. E questo spiega perché in Italia vengono scritte ogni giorno in media 21 pagine di nuove leggi comprese quelle regionali e vi sia un numero di norme mai quantificato esattamente e che dicono aggirarsi tra le 90mila e le 160mila. Tante, tremendamente tante, troppe. È la causa principale dell’ingolfamento della pubblica amministrazione. E del resto se il substrato culturale e civico del Paese si muove nelle sue linee nazional popolari all’insegna del «fatta la legge trovato l’inganno» è evidente che il legislatore sia portato ad esasperare la normativa nella speranza di porre degli ostacoli alla trasgressione.

A volte si dimentica che un terzo del territorio nazionale è sotto controllo, per una parte non trascurabile, della malavita organizzata. Gli abitanti delle zone terremotate devono misurarsi con questo Moloch che incombe sullo svolgimento sereno delle operazioni. Il sindaco di Amatrice auspica un intervento come ebbe luogo nel Friuli del 1976. Ha ragione, perché esemplare fu l’opera di ricostruzione. Così come la pazienza civica e la fiducia nelle istituzioni. Ci vollero dieci anni, e il duomo di Venzone venne ricostruito pietra su pietra.

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