Un leghista
a capo degli 007

Lo avevano pronosticato varie «voci di dentro» che alla fine il seggio di presidente del Copasir sarebbe andato al leghista Raffaele Volpi. Infatti l’ex sottosegretario alla Difesa del governo giallo-verde è stato votato dal centrodestra ma anche dal Pd e dai renziani, con l’astensione dei grillini. Ora, il Copasir è il ristretto organismo parlamentare che è chiamato a vigilare sull’attività dei servizi segreti. I suoi componenti sono obbligati ad uno stretto riserbo – incredibile ma vero: in genere viene rispettato – e il suo presidente è un ganglio fondamentale della struttura dello Stato, ancorché poco visibile.

E per occupare una poltrona del genere – di norma affidato all’opposizione per ragioni comprensibili – serve un uomo già «interno» al sistema, e infatti Volpe è stato alla Difesa come Marco Minniti, uno dei suoi più prestigiosi predecessori, lo era stato all’Interno (Difesa e Interno sono i due ministeri che gestiscono i servizi civili e militari).

Inoltre per quel ruolo occorre duttilità, e chi ha più duttilità di un ex democristiano come Volpi e come Lorenzo Guerini, il suo predecessore immediato ora divenuto ministro della Difesa? Infine, da due o tre anni a questa parte sembra che non guasti una certa frequentazione con l’università «Link» di Roma fondata dall’ex pluriministro dc Enzo Scotti e sede di corsi e convegni per dirigenti e agenti dell’intelligence: sembra che Volpi conosca bene l’indirizzo romano dell’ateneo, un casale cardinalizio del ’600 di recente magnificamente restaurato.

Semmai per il neopresidente proprio questo potrebbe essere un motivo di imbarazzo, dal momento che il primo impegno del comitato sarà proprio l’audizione del presidente del Consiglio a proposito dello spezzone nostrano del cosiddetto Russiagate. «Giuseppi» Conte dovrà chiarire se e come abbia autorizzato il capo dei nostri servizi a prendere contatto personalmente con il ministro della Giustizia Usa Barr nelle sue due recenti visite (il 15 agosto!) a Roma. In quelle riunioni si sarebbe parlato delle presunte ingerenze russe contro la Clinton nelle elezioni americane vinte da Trump. Ora che ci si stupisca del fatto che i servizi italiani collaborino con il nostro potente alleato d’Oltreoceano non è solo ipocrita ma stupido. Semmai la critica è perché le cose siano state fatte – semmai sono state fatte, beninteso – in maniera così goffamente «ufficiale» scomodando il presidente del Consiglio, il capo della nostra intelligence e un ministro di Washington.

Sta di fatto che Volpi si dovrà occupare di questo traffico senza lasciarci le (sue) mani e soprattutto senza mostrare di avere una volontà di rivalsa nei confronti del presidente del Consiglio ex alleato di Salvini e ora suo acerrimo avversario. Anche perché uno dei motivi che avevano fatto storcere il naso al Pd e ai grillini era proprio il fatto che andasse ad occupare la poltrona principale del Comitato un leghista, cioè un esponente del partito che comunque è sottoposto ad un impiccio politico-giudiziario per il caso «Moscopoli» in cui si riparla di Russia, di ingerenze, di spie e insieme di petrolio e di tangenti. Nulla di dimostrato finora, naturalmente, però il caso è aperto. In quel tipo di stanze ovattate in genere si procede per compensazione: ci si muove felpatamente su tutti i terreni e si cercano intese trasversali che non facciano male a nessuno. Però a qualcuno potrebbe venire la tentazione di usare il caso Russiagate per mettere nell’angolo Conte e inchiodarlo ad uno scandalo internazionale che potrebbe essere così fragoroso da portarlo alle dimissioni. In questo caso si tratta di vedere come si comporterebbe l’«istituzionale» presidente Volpi che, dicono gli amici, considera la sua elezione più una grana che un onore.

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