Alleati d’Egitto

Un saluto dal ballatoio, niente di più. È quello che gli alleati storici dell’Italia riescono a fare per solidarizzare con la Farnesina impegnata a sciogliere la matassa dell’omicidio Regeni con pervicacia e ostinazione. La dura reazione alle giustificazioni d’Egitto è sacrosanta, la crisi diplomatica con un regime omertoso e incline al depistaggio è doverosa. Chi è stato a uccidere quel ragazzo e perché?

Niente si risolverà senza l’aiuto dei soliti noti, che rispondono al nome di Stati Uniti, Francia, Inghilterra e forse Israele. Finora nessun fronte comune, eccetto qualche espressione di solidarietà di facciata. Le motivazioni politiche di questa solitudine le ha spiegate molto bene ieri Alberto Krali sul nostro giornale, ma sono solo la parte più filosofica della faccenda (il ruolo strategico dell’Egitto per la stabilità dell’area più calda del mondo). Poi c’è la parte commerciale, che non è meno importante. Come accadde con l’India all’inizio della crisi per i due marò prigionieri - allora né il premier Monti né il ministro dell’Economia Passera erano intenzionati a veder vanificati accordi commerciali per miliardi - così avviene adesso. I nostri alleati sono anche nostri concorrenti. E se dal ballatoio ci dicono d’essere con noi, una volta rientrati in casa si preparano a sostituirci nel fare affari con gli egiziani. Non dimentichiamo che l’Eni ha ottenuto la concessione per sfruttare il più grande giacimento di gas del Mediterraneo orientale, proprio davanti all’Egitto. E che francesi e inglesi sono pronti a prendere il suo posto. La faccenda è molto delicata. La verità sulla morte di Giulio Regeni resta l’obiettivo primario, ma dovremo scoprirla da soli.

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