Berlusconi e il diritto al ritardo
Astuzia o accordo al ribasso?

Fra i fiumi di parole che in questi giorni hanno accompagnato la decadenza del senatore molisano (lo sapevate?) Silvio Berlusconi, si è spesso alzato, fra i sostenitori, il grido del «diritto al ritardo».

Fra i fiumi di parole che in questi giorni hanno accompagnato la decadenza del senatore molisano (lo sapevate?) Silvio Berlusconi, si è spesso alzato, fra i sostenitori, il grido del «diritto al ritardo». Il ragionamento è semplice: se per tanti onorevoli e senatori in passato le procedure di verifica e autorizzazione a procedere sono durate mesi se non anni, perché proprio con il senatore Berlusconi bisogna mantenere ritmi sostenuti e tappe forzate? Accipicchia, la legge è uguale per tutti e quindi anche Silvio ha diritto al ritardo.

Il ragionamento non fa una piega, ma la sua consequenzialità più che logica è atavica. È quella di un’Italia che strizza l’occhio all’astuzia, all’accordo al ribasso. Si fatica ad aspirare ad esempi virtuosi? Tanto vale adeguarsi al ribasso, al diritto al ritardo e al «così fan tutti» che vorrebbe alleggerire anche la rilevanza della sentenziata evasione fiscale. »In questo mondo di ladri», come diceva Venditti, non vorremmo passare per fessi.

La vera decadenza finisce per essere quella di un Paese nel suo complesso e di una classe dirigente che fatica (è un eufemismo) a lasciare il posto alle nuove generazioni. Il senatore molisano avrà presto 80 anni, chi dibatte con lui in televisione (in aula Silvio ci va poco…) ne ha anche qualcuno in più. Altro che senatori a vita, qui il problema sono i «politici a vita». Un’età anagrafica un minimo più dinamica: questo è il vero ribasso cui lavorare, perché il futuro è adesso.

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