Il senno di poi

Prevedibile. È la parola attorno a cui sempre più spesso ruotano, soprattutto sui social network, le critiche postume rispetto ad un qualche fatto. Qualsiasi disastro è per i tuttologi di blog e tastiere una tragedia annunciata. Due ragazze finiscono rapite in Siria? C’era da aspettarselo, se la sono cercata. I tifosi olandesi devastano Roma? Ovvio, lo si sapeva che erano in arrivo.

Con inconsapevole ironia i bollettini meteo hanno annunciato, nelle stesse ore, «l’arrivo dal Nord Europa del ciclone Hooligan». Si parla di pioggia e neve e siamo a febbraio: clicchiamo tutti unanimi, che è assolutamente prevedibile. Il rischio è quello che sul banco degli imputati non finiscano rapitori o vandali violenti, ma le vittime, siano esse sprovvedute volontarie o poliziotti.

Forti della medesima filosofia, non ci sfiora nemmeno il dubbio di rivedere il programma del weekend in base a quell’allerta: domenica, nel caso, cliccheremo indomiti sui post che lamentano strade non pulite e spazzaneve in ritardo. Il problema, sempre più… prevedibile, è che ci siamo immersi in un mondo virtuale che si anima fra post, commenti e condivisioni e sempre meno nel concreto del quotidiano. Ciò che è virtuale è già diventato verosimile: anche nel mondo dorato del calcio si può comprare un team di serie A con una società che ha sede in una palazzina oltreconfine, nemmeno troppo elegante. Il risultato, reale, è che quella squadra è virtualmente in serie B.

Fra un mi piace e un tweet, scopriamo improvvisamente che l’Isis si affaccia sul Mediterraneo a pochi chilometri dalle nostre coste, mentre noi siamo intenti a inoltrare l’ultima vignetta su Renzi e la Libia, senza farci mancare un «Je suis Charlie» nell’immagine del profilo. Il «senno di poi» da sempre riempie le fosse, ma non scherziamo con il fuoco, perché sta succedendo per davvero.

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