La Camera degli indigenti

Agitati, non mescolati. I dipendenti della Camera dei deputati sono nella situazione dei cocktail di James Bond e preannunciano un gennaio caldo ai professionisti della politica, che lunedì al ritorno da 19 giorni di vacanza li troveranno parecchio nervosi.

Il motivo è sempre lo stesso: gli stipendi sono fermi dal 2011 e il taglio delle indennità continuerà nel 2016. Tutto questo mentre i 1.281 fra operatori, assistenti, segretari, consiglieri (divisi in supporto tecnico e supporto amministrativo) corrono da una parte all’altra dedicandosi ad ogni incombenza operativa e incanutiscono con la consolazione dei 159.000 euro lordi l’anno (13.000 al mese), se si considera una media di 20 anni di lavoro.

Sono numeri davanti ai quali a nessun comune mortale verrebbe ragionevolmente in testa di protestare, adire le vie legali o salire sull’Aventino. Ma si sa che vivendo dentro il Parlamento talvolta si contrae una malattia esotica denominata «distacco dalla realtà». E l’effetto Spartaco ne è la conseguenza. Dentro quella bolla di privilegi, per dire, il barbiere con maggiore anzianità arriva ad avere una retribuzione di 143.000 euro lordi l’anno, paragonabile a quella di un dirigente di azienda pubblica o a quella di un giovane giudice.

È comprensibile che il tetto agli stipendi (massimo 240.000 euro) voluto dal premier Renzi abbia fatto saltare la mosca al naso alla categoria, meno che dal malumore nasca una vertenza dal profilo settario, cavalcata da numerose sigle sindacali e con parametri economici che sembrano messi lì apposta per suonare come uno schiaffo sul volto dei cittadini. Se poi i contribuenti dovessero sapere che i nostri guadagnano il doppio rispetto, per esempio, ai dipendenti della Camera dei Comuni britannica, potrebbero agitarsi parecchio anche loro.

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