Lettere
scarlatte

È divertente che nell’era dei post, delle mail e dei twitt i vertici dell’Europa litighino attorno a due lettere. Immaginiamo persino scritte a mano da uno dei numerosissimi funzionari di Bruxelles, con le mezzemaniche nere e lo stipendio da Rockefeller come i colleghi di Montecitorio.

Ma questa è l’unica cosa divertente, il resto è il segno che l’Europa scricchiola e che i burocrati impettiti sul ponte di comando non sanno cambiare la rotta. E neppure interpretare quei segnali forti di euroscetticismo arrivati a destinazione alle ultime elezioni con una certa forza. Credere nell’Europa significa riconoscersi nello spirito dei padri fondatori, non certo subìre passivamente le richieste sempre più cervellotiche di un’entità che somiglia a un’Equitalia sovranazionale più che a un’unione di popoli attorno a valori condivisi.

I compiti a casa sono fondamentali e l’Italia (lo Stato italiano, i cittadini hanno già dato) deve continuare a farli. Ma poiché quattro anni di rigorismo senza crescita non hanno portato a nulla, sarebbe bene mutare strategìa. E invece ecco la prima lettera, richiesta di chiarimenti sui conti della manovra. Ancora più provocatoria la seconda lettera, alla Gran Bretagna: poiché la sua economia va bene dovrà pagare 2,1 miliardi in più a Bruxelles. A favore di Germania e Francia che vanno a credito. Alla notizia Cameron ha rovesciato il tavolo e si è alleato a Renzi nel contestare la «tecnocrazia senz’anima». Difficile dargli torto. La solidarietà è un valore assoluto, ma a favore della Merkel diventa una presa in giro

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