Maggio francese

Parigi brucia. Ancora cortei, ancora incendi di piazza, ancora arresti (ieri 49) da parte della polizia. Il Jobs Act in salsa francese (flessibilità in entrata e uscita, ma molto più light di quello italiano) rischia di non arrivare in porto per l’opposizione ormai viscerale, irrazionale non tanto dei sindacati quanto dei giovani - studenti e disoccupati - che dovrebbero essere i beneficiari principali della legge.

S’è creato un corto circuito e adesso sembra molto difficile, per il presidente Hollande, riprendere il filo della discussione senza rischiare la faccia, anche perché la piazza gli chiede di ritirare il provvedimento tout court. È la sindrome da Maggio francese, lo si nota anche dagli slogan della piazza, il più pittoresco dei quali contraddice la teoria Celentano ed è «Fate l’amore e non gli straordinari».

La riforma del lavoro in Francia, paese con la produttività più bassa d’Europa, è necessaria anche più di quanto non lo fosse in Italia . Lo dicono i numeri della disoccupazione: 10,5% in generale e in aumento, 23,8% quella dei giovani. Inoltre persistono due privilegi che si stanno rivelando palle al piede: la rigidità assoluta del mercato e l’inadeguatezza delle 35 ore a favorire l’aumento della produttività nelle aziende. Se aggiungiamo i soliti cliché conservativi da corteo, ecco una realtà difficilmente mutabile. Il governo è con le spalle al muro, anche perché oggi è impensabile modernizzare un Paese occidentale avendo contro i giovani, che dovrebbero fungere da motore del cambiamento. Sempre che siano disposti a guardare avanti e non indietro.

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