No selfie, please

Una volta si chiedeva l’autografo. Oggi si sgomita per un selfie. Fenomeno popular, amplificato a livello planetario grazie a Facebook e alla telecamera frontale introdotta nel 2010 nell’iPhone4.

Ma il gioco è bello se dura poco. Ecco allora scattare i divieti. Un hotel a 5 stelle di Forte dei Marmi, il lussuoso Byron, ha bandito i selfie. In nome del galateo, vietatissimi anche i selfie-stick, i bastoncini che si usano per l’autoscatto dall’alto. Ogni cliente dovrà osservare regole di bon ton e firmare un accordo con l’hotel. Un «guardiano anti-selfie», richiamerà all’ordine chi non si attiene alle norme. È vero che il divieto vige in musei e gallerie d’arte, da Londra a New York, agli Uffizi di Firenze e anche al Colosseo. Ma perché bandirli in un albergo? L’Hotel Byron è frequentato da gente come Naomi Campbell, Daniel Craig e Donatella Versace. Ma anche al vip piace il selfie. Sul red carpet di Cannes si è assistito a una vera e propria gara di autoscatti.

Tutto sembra nascere dalle immagini volgari e fuori luogo scattate da Katy Perry, cantautrice americana, che si è divertita a deridere i tesori toscani con i suoi autoscatti. Idiozia e vezzo. Eppure stando alle ricerche degli psicologi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la selfiemania non è vanità, in realtà solo il 30% degli appassionati di selfie si dedica agli autoritratti 2.0 perché vanitoso: nella maggior parte dei casi si tratta di un mezzo per far ridere e divertire gli altri o di un modo per raccontare un momento della propria vita. Se per colpa di qualcuno non si permette l’autoscatto a nessuno, sia tolto lo smartphone a Perry. Ma non a noi. L’Hotel Byron dovrebbe saperlo: un selfie è per sempre.

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