Tirare a Campari

La mattina in economia comincia sempre con un caffè amaro. Non è questione di parsimonia naturale o fisse dietetiche a tutela della circonferenza addominale, ma di notizie aspre che mutano sapori e umori, già dall’avvio della giornata.

Notizie che stridono con il racconto melodioso della ripresa in corso, del Paese che si è rimesso in moto. Dal giornale alla radio grandinano spiacevolezze: se non sono le Borse che incespicano e tracollano,tocca alle banche che boccheggiano e perdono sensi. Poi arrivano le drammatiche fotografie in bianco e nero dell’Istat (visti i toni, più nero che bianco) oppure gli spinosissimi studi della Cgia di Mestre.

E lo sconforto sale. Il risultato è un caffè alla deflazione, notoriamente imbevibile. Inutile pensare di nascondere il saporaccio con cucchiaiate di zuccheroso ottimismo renziano. Ma l’altro giorno arriva la news scioccante: l’italiana Campari si «beve» il Grand Marnier francese. L’acquisto del prestigioso liquore francese è quasi cosa fatta. Di questi tempi la notizia ha lo stesso impatto dell’uomo che morde il cane. Finora abbiamo visto gli stranieri fare shopping riempiendosi le tasche dei nostri gioielli e scrutato aziende tricolori fare le valigie senza neppure una lacrima sul viso.

Ora di punto in bianco (che col Campari si sposa benissimo) uno scatto d’orgoglio, e anche qualche manciata di milioni. Quando si pensava di essere ormai alla frutta, ecco la riscossa del liquore. Certo è inquietante che il segnale di recupero dell’economia venga dal settore degli alcolici. Di solito si beve per dimenticare. Ma nell’attesa di qualcosa di più concreto, godiamoci questo inedito cocktail franco-italico. Aspettando, si tira a Campari.

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