Giacomo Agostini è nato a Brescia (ma è loverese a tutti gli effetti, perché il padre Aurelio era messo comunale in riva al lago) il 16 giugno 1942. Sin da bambino – dice la pagina a lui dedicata su wikipedia - venne fortemente attratto dal mondo dei motori, ma fu costretto a limitare i suoi primi impegni agonistici nell'ambito di gare clandestinamente organizzate da ragazzini, in sella all'«Aquilotto» di famiglia, sulle strade sterrate e tortuose che costeggiavano il Lago d'Iseo, o nelle locali gare di gincana, a causa della ferma contrarietà del padre verso l'insicura, in tutti i sensi, carriera di pilota. Compiuti i 18 anni l'insistenza di Giacomo cominciò a farsi pressante ed il padre, forse temendo d'essere troppo severo, si consultò con l'anziano notaio di famiglia, per avere il suo parere circa la possibilità che la motocicletta fosse troppo pericolosa o potesse distrarre il figlio dallo studio. L'austero notaio che era notoriamente saggio, ma anche discretamente sordo, intese «bicicletta» al posto di «motocicletta», rispondendo al preoccupato Aurelio che «lo sport fa bene ai ragazzi ed anzi li può aiutare nello studio perché, come dicevano i romani, mens sana in corpore sano».
Fu grazie a questo piccolo equivoco che Giacomo Agostini, nel 1961, riuscì ad avere la moto dei suoi sogni, e di buona parte dei suoi coetanei: una Morini 175 Settebello. Dopo alcuni anni di gare in sella alla Morini, Agostini fece il grande salto nel 1965, passando alla MV Agusta, dove la disponibilità finanziaria superiore garantiva maggiori possibilità di competere ad altissimi livelli. Agostini infatti si mise subito in lizza sia nella classe 350 che nella 500. Al primo tentativo, si piazzò secondo in entrambe le classifiche generali. Da lì in poi è stato un crescendo continuo di trionfi, prima per dieci stagioni con la Agusta, poi con la Yamaha.
Nel corso della sua lunga carriera – chiusa con l’ultimo titolo mondiale, vinto all’età di 33 anni - Agostini ha anche trovato il tempo di cimentarsi con la cinepresa, prendendo parte a quattro film: «Continental Circus» (1969) di Jérôme Laperrousaz, «Amore formula 2» (1970) di Mario Amendola, «Bolidi sull'asfalto a tutta birra» (1970) di Bruno Corbucci, «Formula 1 - Nell'inferno del Gran Prix» (1970) di Guido Malatesta.
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