Metal Gear Solid 5
Ritorno di Big Boss

Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain potrebbe non essere quel capolavoro tanto atteso, ma la qualità del gameplay stealth, la quantità di contenuti e l'ottima grafica fanno di questo capitolo un tassello irrinunciabile per fan di vecchia data e videogiocatori più giovani.

Piattaforma: PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox 360, Xbox One, PC

Genere: Stealth

Sviluppatore: Kojima Productions

Produttore: Konami

Distributore: Halifax

PEGI: 18

A un anno e mezzo dal prologo Ground Zeroes, finalmente i fan di Metal Gear Solid possono toccare con mano il nuovo capitolo della serie Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain. Punto di forza di questo episodio dovrebbe essere la tanto ostentata struttura di gioco open world. Ma andiamo a scoprire se Hideo Koijma - padre di una delle saghe più significative della storia videoludica - non ha perso il suo «tocco magico».

Con il pensionamento di Solid Snake nel quarto capitolo, in MGS V: The Phantom Pain il giocatore veste i panni di Big Boss, altro personaggio amatissimo dai fan della saga. L'avventura di Boss inizia nel 1984, nove anni dopo gli avvenimenti del prologo Ground Zeroes, periodo di tempo durante il quale il protagonista è stato costretto su un letto d'ospedale, a Cipro, per un forte coma causato da un'esplosione. L'incidente ha portato via a Big Boss anche un braccio, ora sostituito da un arto bionico. Ripresa conoscenza, Boss si ritrova subito a dover lottare contro l'esercito paramilitare della XOF e strane oscure presenze guidate da un certo Skull Face. Con l'aiuto di alcuni nuovi personaggi e vecchie conoscenze, come l'indimenticabile Revolver Ocelot, il redivivo Big Boss riesce a fuggire dall'ospedale per dare inizio ad una nuova avventura e fondare un nuovo esercito di mercenari: i Diamond Dogs.

Narrativamente parlando, pare evidente la scelta di Kojima & Co di evitare l'effetto cinematografico visto in Metal Gear Solid 4, dove la forte presenza di sequenze dialogiche aveva fatto storcere il naso a buona parte di critica e fan (nonostante l'elevata qualità generale del prodotto). In questo capitolo è comunque presente una discreta quantità di intermezzi narrativi - a tratti epici e dal forte taglio filmico - ma mai così invasivi da rubare la scena all'azione e all'interazione come accadde nell'eccellente predecessore. Nonostante il nuovo taglio registico, la sceneggiatura imbastita da Kojima funziona però solo a corrente alternata, soprattutto a causa di una presentazione fin troppo frammentaria.

Il punto di forza di questo Metal Gear Solid 5 è indubbiamente l'inedita struttura open world. In realtà, non siamo di fronte ad un vero e proprio mondo aperto in stile GTA, ma ad uno stealth con impostazione free roaming. Il giocatore visiterà due grandi mappe nei territori di Afghanistan e Africa Centrale. Mentre le missioni principali sono ambientate all'interno di aree circoscritte, comunque molto ampie, fra una missione e l'altra si avrà invece la possibilità di muoversi liberamente andando a completare missioni secondarie, recuperare oggetti ed erbe, catturare animali, conquistare posti di blocco, accampamenti e assoldare soldati per la Mother Base, l'hub di gioco. Siamo ben lontani dalla vivacità contenutistica di titoli totalmente open world, ma la grande libertà d'azione si rivela comunque utile per togliere quella fastidiosa soluzione di continuità fra una missione e l'altra, nonché a sostenere il secondo aspetto più importante di MGS 5: The Phantom Pain: la componente gestionale.

The Phantom Pain propone una componente gestionale davvero molto profonda e articolata (sulla falsariga dei capitoli «minori» Peace Walker e Portable Ops). Durante le missioni o nella fase libera, è infatti possibile salvare prigionieri o assoldare soldati nemici per rimpolpare le fila dei Diamond Dogs. A seconda dei parametri del militare ingaggiato, questo può essere assegnato all'unità per cui è più idoneo e, di conseguenza, le sue qualità andranno ad incrementarne il livello. La crescita del livello di ogni unità e le abilità di alcuni soldati saranno fondamentali per poter sviluppare e potenziare armi ed equipaggiamenti. Non solo: le unità forniscono anche vantaggi sul campo di battaglia, ad esempio, l'unità spionaggio consente di avere informazioni in tempo reale sulla posizione de nemici o le condizioni meteo, mentre l'unità l'unità mercenari consente di inviare i propri soldati in missioni, similmente alla gilda di Assassin's Creed.

Dal punto di vista delle meccaniche di gioco stealth, siamo di fronte ad un prodotto di altissimo livello. Senza dinamiche innovative o soluzioni ludiche troppo estrose, Kojima ha puntato soprattutto sulla libertà d'azione. La vastità e la varietà architettonica delle mappe, le tantissime armi ed equipaggiamenti a disposizione, la presenza delle spalle da portarsi sul campo come il cane DD – che rileva e può eliminare le guardie – o il cavallo D-Horse per gli spostamenti e la mimetizzazione, i cambiamenti climatici come pioggia o tempesta di sabbia, il ciclo giorno e notte, sono tutti elementi che ampliano notevolmente il ventaglio di possibilità strategiche.

Il fatto che la campagna preveda solamente due ambientazioni, Africa e Afghanistan, non riduce per nulla la varietà dell'esperienza, che è garantita da una eterogeneità di situazioni e contesti molto ricca. Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain è però un videogioco «avaro», all'inizio molto lento (forse troppo), che mostra le sue grazie poco alla volta, come una bella donna che si esibisce in un lento e sensuale spogliarello. I vari aspetti di gameplay non sono infatti disponibili da subito, ma vengono attivati solo procedendo con la storia, un tassello alla volta. A circa metà avventura si sbloccheranno le FOB, ovvero delle piccole basi aggiuntive che permettono di guadagnare altro denaro. Le FOB possono essere attaccate online per rubare le risorse ad altri giocatori. La componente multiplayer tradizionale di Metal Gear Solid 5 The Phantom Pain sarà rilasciata il 6 ottobre, quando Konami rilascerà Metal Gear Online.

Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain potrebbe non essere quel capolavoro tanto atteso, ma il suo gameplay ricco, l'esagerata vastità di contenuti e la qualità della grafica fanno di questo capitolo un tassello irrinunciabile per fan di vecchia data, nonché un eccellente inizio per avvicinare le nuove generazioni di videogiocatori. Non c'è alcun dubbio: il buon Kojima-san sa ancora come si realizzano grandi videogiochi.

Marco Locatelli

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