Il sale della vita
per godersi l'attimo

Le risate a crepapelle, ma anche fischiettare con le mani in tasca, correre sotto la pioggia calda e annusare il profumo di una briosche. L'elenco di Francoise Héritier, 79 anni, antropologa ed etnologa francese - il grande Claude Lévi-Strauss la volle come sua erede al Collège de France - con il suo libricino inno alla vita ha incantato il suo Paese.

Le risate a crepapelle, ma anche fischiettare con le mani in tasca, correre sotto la pioggia calda e annusare il profumo di una briosche. L'elenco di Francoise Héritier, 79 anni, antropologa ed etnologa francese - il grande Claude Lévi-Strauss la volle come sua erede al Collège de France - con il suo libricino inno alla vita ha incantato il suo Paese. Ora «Il sale della vita», edito da Rizzoli, è in Italia e da alcuni mesi è in vetta alle classifiche dei titoli più letti (secondo nella Saggistica per la classifica pubblicata a inizio mese dall'inserto di lettura del Corriere della Sera, ndr), considerato un buon vademecum per imparare a riappropriarsi di se stessi, imparando ad apprezzare l'attimo e ritrovando tracce di felicità in istantanee di quotidianità. Quella felicità nelle piccole cose spesso persa per strada a causa del nostro continuo correre veloci. Cose semplici ma che costituiscono parte importante dei nostri ricordi, del nostro modo di essere, del nostro bagaglio culturale. Un libro che piace, che scorre via senza difficoltà, e che fa riflettere, piangere, sorridere e «ridere a crepapelle». Proprio come scrive la stessa Héritier che, elencando piccole e spesso banali esperienze di vita, ce ne fa cogliere il significato più intimo: guardate da un'altra prospettiva, queste diventano di grande spessore.

Il successo del suo libro è significativo in un periodo di difficoltà sociale come questo. In un'era così critica è come se la gente sentisse il desiderio di riassaporare il gusto della vita, nei suoi attimi più semplici. «È molto probabile che il lettore abbia voglia di distrarsi dai suoi problemi quotidiani che, in gran parte, sono di ordine finanziario. Pare sempre di più che il problema sia il denaro. E il mio elenco è l'ideale: nessuno degli istanti raccontati può essere comperato e essere posseduto definitivamente».
Dal suo libro lei appare una donna curiosa e capace di assaporare le piccole cose. Quanto il suo essere antropologa ha influenzato le sue «istantanee di felicità»?
«Sicuramente il mio lavoro ha rafforzato in me capacità di attenzione, osservazione e curiosità. Anche di meraviglia. La stessa abitudine a notare le piccole cose che formano la quotidianità mi ha senza dubbio aiutato, permettendomi anche di compiere un lavoro di esplorazione su me stessa».
Dice che sarebbe potuta andare avanti a scrivere per sempre la sua lista di attimi felici. Dopo aver riletto il libro, una volta stampato, si è per caso «morsa le labbra» per una dimenticanza speciale?
«Ho smesso un giorno l'elenco perché questo "inventario" stava prendendo troppo spazio nella mia vita. Non ho comunque l'impressione di aver dimenticato qualcosa, ma di aver interrotto un flusso, con "settori di indagine" che nel libro ho deciso di non evocare. Tra questi la sfera della sessualità, per esempio, non si tratta di dimenticanze ma di omissioni volontarie. Per il mio piacere sto continuando ad annotare per me stessa dei momenti di gioia e leggerezza, dovuti al semplice fatto di vivere e di ricordare momenti passati. Del resto questo libro non tratta semplicemente momenti di felicità, direi piuttosto di attimi d'intensità». Quanto la sua malattia ha influenzato questo scritto?
«Quello che ho fatto è un atto di sensibilità: percezioni, sensazioni, emozioni e ricordi, grandi gioie, delusioni brucianti e anche dolori. In questo elenco si può ritrovare l'Europa del 1939, ma anche i miei soggiorni in Africa e anche la mia malattia e il contesto del dolore e dell'ospedalizzazione. Nel 1981 mi è stata diagnosticata una malattia rarissima autoimmune: da allora ogni giorno è stato regalato e gustato a fondo. L'occasione di scrivere è stata invece banalissima: una lettera inviata al professor Piette, docente di medicina interna che mi segue da oltre 30 anni. Mi aveva spedito una cartolina dove mi scriveva che aveva "rubato" una settimana di vacanze in Scozia. Ho deciso di rispondergli con quello che è diventato un elenco "omaggio alla vita": se il proprio tempo viene rubato da qualcuno o da qualcosa, allora nessun essere umano potrebbe più apprezzare il bello dell'esistenza. Da qui un elenco di cose, situazioni, fotografie, attimi che ci fanno sentire vivi, che nessuno ci può rubare».
«C'è una leggerezza - scrive - una grazia tutta speciale nel puro e semplice fatto di esistere, al di là di tutti gli impegni professionali, dei sentimenti intensi, delle lotte politiche e sociali". Ma qual è la top ten del suo “sale della vita”?
«Ecco alcuni attimi significativi, senza però alcuna gerarchia tra loro: saper che riflettere fa trascorrere il tempo molto velocemente e che ne si esce totalmente sconcertati, entrare in una casa che profuma di mele alla cannella; cercare di captare il momento in cui ci si addormenta, gioire per aver trovato la soluzione di un problema che travaglia da lungo tempo; perdersi nei cieli immensi di John Ford, far girare nella bocca delle parole bizzarre, odorare il fieno appena tagliato. E poi ancora: ricercare sempre anche se inutilmente il gusto delle renette di Mans, accarezzare la pelle dolce e rugosa di una vecchia signora, ascoltare Mozart e vedere le lenzuola smosse dal vento».
Anche un tocco d'amore…
«Respirare a lungo a occhi chiusi l'odore nascosto del catrame e del mare nei capelli di chi si ama».

Fabiana Tinaglia

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