I classici per tutti
Non solo ai licei

I licei classici sono in calo, ormai verso il 10% degli iscritti. Quest’anno i nuovi iscritti sono scesi al 5%. Fine della cultura classica? Verso una nuova età di barbarie? La conclusione è decisamente assai più larga delle premesse.

La metafisica occulta operante è che l’acquisizione della cultura classica è necessariamente legata alla padronanza del Greco e del Latino. E poiché queste due lingue si apprendono al liceo classico, dunque cultura classica e liceo classico sono legati. Intanto, i ragazzi che oggi si presentano all’esame finale del liceo classico fanno una fatica estrema a tradurre, anche i brani più facili, pur con l’uso dei dizionari.

Detto brutalmente: solo un’infima minoranza dei liceali sa più il Latino e il Greco. Perché la crisi dell’offerta formativa liceale-classica? Il liceo classico è stato progettato nel sistema scolastico italiano quale scuola di formazione delle classi dirigenti, che venivano tratte dalle professioni cosiddette liberali: avvocati, medici, notai, docenti universitari… L’accesso era selezionatissimo: il latino era la forca caudina, sotto la quale pochissimi riuscivano a passare.

L’intera cultura politica italiana, dai liberali, ai fascisti ai comunisti ha condiviso questo impianto fino agli anni ’60. Per chi avesse voglia di approfondire, potrebbe essere istruttivo riandare al dibattito tra Concetto Marchesi – appoggiato da Togliatti – e Elio Vittorini durante il congresso del Pci ai primi di gennaio del 1946. Vinse la tesi di Marchesi: «Dovranno compiere gli studi superiori solo coloro che hanno per lo studio una inclinazione naturale».

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