I bar: «Quante pressioni per le slot»

Arrivati a quota 177 i locali di città e provincia che hanno rifiutato le macchinette «mangiasoldi». Pioggia di segnalazioni anche dai clienti. «I noleggiatori insistono sul guadagno facile e senza fatica».

L'elenco si allunga: ed è un elenco ispirato dall'orgoglio di far conoscere il «no» alle slot machine che divorano soldi e speranze alle tante famiglie bergamasche. Venerdì, con la campagna avviata da L'Eco di Bergamo, il numero dei titolari di locali pubblici «slot free» era attestato a 94, ieri si sono aggiunte altre segnalazioni: si è a 177, in totale.

E molti, tra proprietari e amici, clienti, conoscenti che hanno voluto scrivere per indicare i locali che hanno detto no alle slot, hanno anche aggiunto spiegazioni. La prima motivazione è sempre etica: non si può guadagnare sul destino di giovani, anziani, famiglie. «Come locale bar "Le Volte Cafè" a Clusone, da un anno a questa parte abbiamo eliminato le tre slot presenti», perché, spiegano i titolari «creavano solamente problemi», sottolineano Marco e Stefano Mistri. Una cliente del bar enoteca «Divinoinvino», di Gorlago sottolinea: «Vi mando la segnalazione per riconoscenza verso i titolari che hanno fatto questa scelta. Dobbiamo sostenere queste persone».

Da Crespi D'Adda scrivono Angela e Frank Labat, gestori de «Il villaggio Café»: «Nel nostro locale non ci sono slot machine. A dire il vero, abbiamo fatto un tentativo 2 o 3 anni fa, durato circa 6 mesi, nei quali abbiamo potuto avere esperienza diretta della dipendenza generata da queste macchinette, dipendenza che, come spesso accade, colpisce le persone più “deboli”. Lavorando in un contesto come Crespi, villaggio di grande pregio, molto turistico ma con pochi residenti, si finisce per conoscere la storia un po' di tutti, e vedere il ragazzo disoccupato o la pensionata entrare e spendere parte delle proprie risorse ha iniziato a generare in noi una sorta di ansia, ci sentivamo corresponsabili. Più volte ci sono state riproposte le slot machine, o i "gratta e vinci", o prodotti di questo genere, ma la nostra risposta è invariabilmente no».

E Sergio Dallera, titolare del «Barancio» a Bergamo aggiunge: «Noi abbiamo il bar proprio di fronte a una scuola, per principio non abbiamo voluto le slot. Ma la prima persona che ci ha contattato è stato un collaboratore per l'affitto di macchinette. La risposta che abbiamo dato è stata: non vogliamo vedere nessuno rovinarsi. Ci hanno risposto che con il guadagno avremmo potuto pagare la nostra licenza senza lavorare tanto». Le pressioni dei gestori le sottolineano anche dalla famiglia Rapizza che gestisce la «Caffetteria d'elite» a Cologno al Serio da 28 anni: «Ci siamo sempre rifiutati. Nonostante i continui inviti dei noleggiatori». Senza esitazioni il no anche da Fabio Martinelli, gestore del «Caffè 500» a Romano: «Per scelta ed etica professionale». Gli fa eco Marco Marchetti, che cogestisce, con tutta la famiglia, il «Bar Trattoria Ninì» a Villongo.

Da Seriate Claudio Austoni rimarca, segnalando la sua birreria Mc Maier's che gestisce ormai da 22 anni: «Per scelta morale non ho mai accettato». Mentre Alex Airoldi, contitolare del « Cafè» di Calusco d'Adda ringrazia «per questa possibilità che ci date di dimostrare che ci sono bar che preferiscono dire di no al guadagno facile». Maria Bambina Ceresoli e Simona Lodovici, dal Minibar di Capriate San Gervasio aggiungono: «Non abbiamo mai voluto, sapeste quanti sono passati a proporle». Roberto Grazioli scrive per indicare la «tabaccheria Milano ad Almè, dove la titolare Manuela Ghisalberti, nonostante le continue pressioni delle agenzie, non ha mai accettato». Damiano Amaglio, da Seriate, segnala il suo bar, annesso al ristorante-albergo che gestisce con la famiglia in via Cassinone 46 e ricorda che «tre settimane fa il Consiglio comunale di Seriate ha approvato un ordine del giorno all'unanimità contro il gioco d'azzardo. Vanno bene i divieti, ma prima di ogni cosa c'è una questione morale. Basta dire di no». Franco Della Schiava, infine, solleva un interrogativo: «15 anni fa le slot erano proibite, poi sono dilagate. Chi e quando lo ha permesso? È immorale».

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