Malati di gioco
In sei anni casi quintuplicati

I dati del Sert: ogni anno trenta utenti in più.. Sono quasi tutti italiani, in testa la Val Seriana.

Il cerchio si stringe, entriamo dentro il cerchio. Qualche giorno fa in queste pagine abbiamo tracciato il quadro del gioco d'azzardo nella Bergamasca, partendo dai locali pubblici che ospitano al loro interno newslot e videolottery, oltre 1.500 tra bar, tabaccherie e sale dedicate. Quindi riportavamo il volume d'affari del gioco, qualcosa come 110,95 milioni di euro nel primo trimestre del 2013, dei quali soltanto 60 milioni (la cifra più alta) spesi nelle slot machine e altri 22 nelle vlt.

E, parlando di numeri, accennavamo al fatto che dietro al clamore delle vincite più o meno corpose, ai vitalizi strappati con un grattino, c'è anche un lato più oscuro. Gente che insieme al caffè beve ansia e ipnosi, quella che più di un giocatore ha confessato di subire dal monitor della macchinetta.

Malati di gioco. Alcuni per lunghi anni. Ma quanti sono? Difficile dirlo, ma qualche elemento possiamo fornirlo.

Partiamo dai Sert, i Servizi per le tossicodipendenze che da qualche tempo si occupano di questa dipendenza «esplosa» negli ultimi anni. È il caso di dirlo: dal 2005 al 2011 (cui si riferiscono gli ultimi dati a disposizione, elaborati di recente dall'Osservatorio delle dipendenze dell'Asl) gli utenti trattati per gioco d'azzardo patologico sono quintuplicati. Erano 28 otto anni fa e sei anni dopo sono cresciuti fino a toccare quota 148. Da notare poi, a partire dal 2008, l'ascesa costante, dell'ordine di una trentina di utenti in più all'anno.

Così, partendo da 28 utenti, i Sert ne hanno ascoltati e curati 51 nel 2006, 60 nel 2007, poi 64, quindi il salto: 94 nel 2009 e poi di seguito 121 e 148. Veniamo agli ultimi dati disponibili, quelli riferiti al 2011: dei 148 soggetti con problematiche di gioco d'azzardo patologico, 66 erano già in carico negli anni precedenti e 82 sono «nuovi», cioè si sono rivolti per la prima volta ai servizi nel corso dell'ultimo anno.

Più uomini che donne L'identikit? Il 73,6% sono uomini (109), mentre il 26,4 (39) donne, con un'età media di 46 anni e uno scarto di nove anni tra uomini e donne (43,5 anni i maschi e 52,9 le femmine). Ma si comincia a giocare prima, molto prima di entrare in un Sert. L'età media di inizio del comportamento problematico si colloca intorno ai 35,3 anni, con differenze significative tra i generi: i maschi sembrano iniziare a giocare verso i 31,9 anni, le femmine intorno ai 45,3.

Un altro dato aiuta a sviluppare una riflessione sulla gravità del fenomeno: i maschi si rivolgono mediamente al servizio specialistico intorno ai 41,9 anni, ossia 10 anni dopo che è si è manifestato il comportamento problematico, mentre le donne a 50,6 anni, ossia dopo 5,3 anni, evidenziando un periodo piuttosto dilatato di latenza. Un fenomeno tutto nostro, il gioco: il 96,6 degli utenti in carico è costituito infatti da cittadini italiani.

Soprattutto seriani: 35 su 148, il totale di chi nel 2011 si è fatto curare per gap, il gioco d'azzardo patologico. Di questi, 22 risiedono nell'ambito territoriale della bassa Valle Seriana e altri 13 da Casnigo in su e in Valle di Scalve. Segue la città con 21 utenti, l'Isola e la zona di Romano di Lombardia con 14, Dalmine e l'ambito della Valle Imagna e di Villa d'Almè con 12 utenti ciascuno, Treviglio con 10, quindi Seriate (8), la Valle Cavallina (7), Valle Brembana (5), la zona di Grumello (4) e il Basso Sebino con tre utenti.

Gli altri servizi
Ai gruppi di auto-mutuo aiuto si rivolgono altre 120 persone: una sessantina all'Associazione Insieme del Patronato San Vincenzo di Bergamo e altre 40 ai Giocatori anonimi che si riuniscono a Torre Boldone e Grassobbio. A questi vanno aggiunti i 28 utenti del «Sert privato», il Servizio multidisciplinare integrato della Comunità Aga di Pontirolo. Dall'apertura del servizio, un anno fa, ne sono stati curati 38. Ma il popolo dei ludopatici si allarga – almeno quello che ha cominciato a chiedere aiuto – a quanti si sono rivolti ai sei sportelli d'ascolto che aderiscono al progetto sperimentale «Scommettiamo che smetti». Se si considerano anche i centri di primo ascolto della Caritas, da qualche tempo aperti ad aiutare pure chi ha problemi di gioco, si capisce quanto la ludopatia stia allarmando gli operatori delle dipendenze.

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