Kate: «Come accadde con Sic
Conosco Anna, le parlerò»

È ancora presto per parlare. Soprattutto perchè lei, Kate, non ha ancora superato il suo, di dolore. Ma un giorno ce la farà: «Che cosa dovrei dire? La conosco, le parlerò, forse presto ma non ora, non così», sussurra Kate.

«Magari le parlerò». Kate, cosa diresti ad Anna? Che si può vederlo sempre, quel sorriso capelluto e guascone? Che si può ascoltarlo sempre, il sorriso di Piermario Morosini, il suo Mario, basta non aver paura delle lacrime e di una domanda che rincorre una risposta senza prenderla mai? Un giorno forse glielo dirà. Forse presto, quando le parole di chi sa già saranno sopravvissute al rumore degli altri e resteranno come isole nell'oceano del silenzio, senza l'imbroglio della retorica. «Ma ora no, ora che potrei dirle?», si chiede Kate Fretti, la ragazza bergamasca che il suo dramma l'ha vissuto già. Il dramma di Kate si chiama Sepang, 23 ottobre 2011. Ha i riccioli sghembi del fidanzato Marco Simoncelli, una pista che gira, una manovra che non va, una curva che si prende il cuore e non lo restituisce più.

Kate sa cosa c'è dopo, quando le luci della gente si spengono e resta solo la verità, l'onda che sale quando non vuoi, che pensi di tenere in fondo all'anima e invece torna su, a morderti gli occhi, ancora e ancora. C'è qualcosa di empatico in questa storia di fidanzate tradite dalle stelle, abbandonate dai sorrisi sui riccioli, dai sorrisi sotto i baffi. Kate era a bordo pista quando Simoncelli scivolò via dalla vita, Anna non era in campo. Ma che il suo Moro stesse perdendo l'ultimo tackle l'ha capito subito, gliel'ha sputato in faccia la televisione, in diretta. Lacrime senza appello, per Kate; lacrime con l'appello del viaggio per Anna, 600 chilometri forse sussurrando al cielo che non si può infierire così.

Kate si nascose ai fotografi, in Malesia. Anna ha pianto con pudore a Pescara, fuggendo dalle telecamere e dai taccuini. «Che cosa dovrei dire ad Anna? La conosco, le parlerò, forse presto ma non ora, non così», sussurra Kate, e non vorrebbe dire neppure questo. «Lei ora non ha voglia di sentirsi dire nulla e io come faccio a parlarle del suo dramma, io che non ho superato il mio?». Anna non può sapere, non ancora. «Era bellissimo, sembrava stesse dormendo», hanno pianto la sua voce e gli occhi, sabato sera, vedendo Mario per l'ultima volta. Poi silenzio. Kate sa già, sta già sperimentando l'anestesia del tempo. «Ti abbiamo aspettato, ma tu stavolta non sei arrivato. Abbiamo riso e scherzato, con una cicatrice in più sul cuore», scriveva su Facebook prima di Natale, due mesi senza Sic. Poi ha provato a parlarne. In rete e in qualche intervista televisiva, col papà di Simoncelli, Paolo, a farle da scudiero, a coccolarne la malinconia. Per Anna l'ha fatto la mamma Mariella. «(Mario) era come un figlio, ha reso immensamente felice nostra figlia».

L'ha fatto anche un biglietto letto da don Luciano Manenti, domenica a Pescara. È un biglietto di Anna. «Mario adorava giocare sotto la pioggia. Sono sicura che fosse felice». La felicità di Kate e Anna è una carrellata di fotografie su Facebook e Twitter: Kate e Marco che sorridono in montagna, Anna e Piermario che sorridono all'Elba, faccia a faccia, in primissimo piano, e Moro che scrive «solocosebelle». È la bellezza della semplicità, due ragazzi di vent'anni sorridenti al futuro, tutto il resto altrove. A Simoncelli è stato intitolato il Misano World Circuit, a «Moro» verrà intitolato il campo di Monterosso e forse la curva sud del Comunale. Ma a Kate e Anna probabilmente importerà meno. Passato l'uragano, potranno trovarsi, parlare, ascoltare il silenzio. Cercando di sentire il rombo di un motore, il rimbalzo di un pallone bagnato. Solo cose belle, tutte loro.

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