Atalanta, non crollo ma rinascita
Moralez-De Luca: uno è di troppo

Bruttina e felice. Non si può dire che l'Atalanta col Siena abbia esaudito i desideri della vigilia di Colantuono. «Non siamo obbligati a vincere ma a ripetere la prestazione delle ultime partite», aveva sottolineato alla vigilia della gara coi toscani.

Bruttina e felice. Non si può dire che l'Atalanta col Siena abbia esaudito i desideri della vigilia di Colantuono. «Non siamo obbligati a vincere ma a ripetere la prestazione delle ultime partite», aveva sottolineato alla vigilia della gara coi toscani, rifacendosi alla prima ora scintillante col Torino, alla prima mezzora abbagliante con la Roma.

Sprazzi di luce, poi il buio e nel buio due tonfi sonanti senza reazione. Ma l'ultima mezz'ora, fatale col Toro, inesistente con la Roma, impalpabile a Catania, col Siena è stata la partita vincente nella partita nerazzurra. Senza occasioni scintillanti, senza palle-gol clamorose, senza incantare. Ma coi denti e i nervi attaccati alla gara, come la logica vuole per una squadra che deve anzitutto salvarsi.

Certo, il Siena ci ha messo del suo, in questo pomeriggio di molto cuore e meno calcio, con due linee strette nel fortino e il solo Calaiò in libera uscita. Inevitabile soffrire e stentare, soprattutto se la palla circola lentamente e non si riesce a sfondare sulle fasce. Cosa non riuscita all'Atalanta per un'ora non avendo ali sugli esterni (Moralez e Troisi s'accentravano quasi sempre) e col solo Peluso come terzino di spinta, peraltro blanda.

Stavolta però la bella notizia per Colantuono, insieme ai tre punti, è l'ultima mezz'ora, quella che statisticamente conta di più. L'inversione di tendenza chiesta alla vigilia c'è stata, e non solo perché, come chiedeva il mister, si sono limitati gli errori davanti alla porta nerazzurra e a quella altrui.

C'è stata perché Cigarini ha rimesso subito le cose a posto, e questa è la fortuna, ma anche e soprattutto perché nell'ultima mezzora l'Atalanta aveva ancora gambe, idee, testa e rabbia e pure i cambi, vedi Bonaventura. E questa è la bravura.

C'è stata perché l'Atalanta ha accettato l'idea di non dover mangiarsi gli avversari nei primi 45', di non dover sparare tutto e subito. Perché ha avuto più «testa» che smania, ha saputo dosare muscoli e nervi e ha sofferto quando c'è stato da soffrire.

Così si vincono gli scontri-salvezza, e parecchie altre partite, vedi Palermo, vedi San Siro. Certo, restano parecchi nodi irrisolti, tra i quali Moralez. Maxi non sembra ancora avere il cambio di ritmo ma l'impressione è che i suoi stenti vengano accentuati dalla posizione in campo, largo a sinistra, e dalla coabitazione con De Luca.

Maxi, che già non brilla, è più lontano dalla zona-assist e troppo da Denis. Ha troppi metri da fare, troppi da recuperare, punge poco e non sempre aiuta. Così succede che per raddoppiare gli estri (Moralez e De Luca) a beneficio di Denis l'Atalanta finisce per perdere Maxi e la spinta sugli esterni, diventando paradossalmente più prevedibile.

La migliore condizione di Moralez potrebbe risolvere in parte il problema, ma siccome anche De Luca si accende a intermittenza l'impressione è che alla lunga Colantuono debba scegliere tra uno dei due, salvo cambiare assetto e rinunciare parzialmente agli esterni.

Ma perché? E come? Difficile che Colantuono lo faccia, ma in ogni caso avrà una settimana finalmente più serena per preparare la seconda partita salvezza consecutiva, domenica a Pescara. Ripartendo dall'oro di Siena: il cuore, la gamba, la pazienza e la ferocia dell'ultima benedetta mezz'ora.

Simone Pesce

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