«Io e Piermario Morosini» - Il video
Un libro a quattro anni dalla scomparsa

Sono passati quattro anni da quel sabato maledetto in cui Piermario Morosini è caduto sul campo. Il 14 aprile 2012 il giovane giocatore bergamasco si è accasciato a terra durante Pescara-Livorno, l’ultimo tragico atto della carriera di un calciatore che ha fatto della serietà un fondamento imprescindibile.

La sua storia è stata raccontata in un libro: non è un’autobiografia ma il racconto di una vita e anche di un rapporto, quello tra Piermario Morosini e Beppe Vailati, l’autore. «Mario, gioca semplice!» è il titolo delle centoquarantaquattro pagine (edizioni San Paolo, 12,50 euro, in vendita in libreria dai prossimi giorni) scritte da Vailati, che era nato un anno prima di Piermario e viveva a Monterosso, cullando lo stesso grande sogno di diventare calciatore: lui si sarebbe fermato alle giovanili dell’Alzano Virescit, imboccando poi altre strade, ma tenendo nel cuore il ricordo del vecchio amico con il quale aveva incrociato mille volte i tacchetti, da compagno oppure da avversario, spesso sullo stesso, stropicciato, campo. Per questo, il sottotitolo è, semplicemente, «Io e Piermario Morosini»: il protagonista viene dipinto per quello che era, il ragazzo semplice che nulla c’entrava con lo stereotipo del calciatore ricco e famoso, magari pluritatuato e con la puzza sotto il naso. Un ragazzo la cui vita era stata segnata dai drammi, con la morte dei genitori e del fratello e con la sorella Maria Carla affetta da una grave forma di disabilità: fardelli duri da sopportare per una sola persona, inevitabilmente attanagliata da inquietudini e dubbi, condivisi anche con l’autore del libro, che poi non è altro che quel volto familiare di un tempo, nel frattempo entrato in seminario (strada successivamente abbandonata).

«Non si tratta di una biografia, quanto semmai di un’autobiografia: nel libro è raccontata la mia storia e il filo conduttore è ciò che ruota intorno a Piermario –spiega l’autore, che presenterà il libro giovedì 21 alle 20.45 al cineteatro dell’oratorio di Trescore-. Da ragazzo mi trovavo spesso a confrontare la mia vita con la sua: coetanei, stesso ambiente, stesso sogno del calcio. Diciamo che io ero un po’ il suo alter ego, ma lui era quello uscito meglio: era un calciatore migliore ed era un bravo ragazzo, mentre io ero inquieto. Probabilmente avrà avuto qualche difetto, ma io l’ho sempre idealizzato: per me rappresentava il top. E devo precisare che io non ero il suo migliore amico o uno di quelli che hanno fatto tanto per lui: ero semplicemente un ragazzo che lo conosceva e che l’ha sempre seguito, anche a distanza, vista la grande stima che ho sempre nutrito».

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