Messi: conquisto l’America e torno

«Stavolta vado per vincere». L’aveva detto nel giorno dell’annuncio, lo ha ripetuto alla vigilia della partenza, con le valigie pronte, il telefono che aspetta la chiamata d’Oltreoceano, l’ultimo sacco da prendere a pugni, nella palestra di Brembate. Routine, prima di salire su quell’aereo, decollato domenica 5 agosto, destinazione Miami, Florida, infilando nel bagaglio a mano guantoni con dentro la faccia di Karmazin, il ricordo di Garcia, l’odissea della licenza revocata. Ora è America, l’America di Luca Messi. Una stanza d’albergo nel nido di Don King, un sogno dentro un quadrato, un biglietto di sola andata per la rinascita, l’8 settembre allo Staples Center di Los Angeles, la notte della rivincita, della nuova carriera, della rivalsa contro critici e scettici. Tutto a una condizione. «Gìà, battere Roman Karmazin», sorride Messi.
Non una passeggiata. Perché Karmazin campione del mondo lo è già stato, perché Karmazin ha mano pesante (21 vittorie su 36 per ko) e soprannome inquietante («Made in Hell»), perché l’inferno di Luca è stato un viaggio reale, un anno di ganci alle carte federali che lo hanno interdetto dai ring d’Italia. «La federazione mi ha convocato per nuovi controlli a ottobre: forse ha capito di aver preso un abbaglio». Forse. Ora però c’è da prendere Karmazin. «L’ho visto in cassetta: è un pugile lineare, con ottima tecnica e allungo superiore al mio. Ma a differenza di Piccirillo, lui alla battaglia non si sottrae: e questo per un picchiatore come me può essere un vantaggio».

Un vantaggio, assicura Messi, è aver cambiato approccio, aver aggiunto un po’ di tattica alla tattica del vai e colpisci. «Il nuovo allenatore (Ottavio Caloi) mi ha aperto una nuova strada: più strategia, maggiore varietà di colpi e meno rischi. Io sono un attaccante puro, ma ora serve altro». Soprattutto ora, ammette Messi, non servono dubbi. Quelli che svolazzerebbero per il cervello di chiunque, dopo un anno di naftalina e allenamenti in cattività. Messi è ancora pugile? Messi ha ancora il colpo d’occhio? Che fine ha fatto l’istinto? Luca incassa e riparte. «In Italia mi sono soltanto allenato, ma sul ring ho scelto pugili veri, come il mio ex avversario Lauri. In ogni caso la parte tecnica la rifinirò a Miami». La rifinitura avrà il ghigno feroce del nicaraguense Ricardo Mayorga, avversario di Fernando Vargas nel mondiale superwelter Wba, il match-clou dell’8 settembre.

Curioso incrocio, Messi-Mayorga. Stessa scuderia, targata Don King, stessa serata, stessa necessità: trovare sparring. Da qui lo scambio alla pari: Messi allenerà il jab di Mayorga, Mayorga allenerà lo stomaco di Messi alla vodka russa di Karmazin. «Con Mayorga saranno match veri, quello è un pazzo. Quanto a Karmazin, ha un buon record, ma una volta superato l’impatto con Garcia (l’avversario mondiale due anni fa a Chicago) va bene chiunque. In ogni caso lavorerò sodo».
Un mese. Poi Luca volerà dall’altra parte dell’America, destinazione Los Angeles, per quella che lui considera a tutti gli effetti «una semifinale» mondiale anche senza sigillo dell’Ibf. Che stando alle dichiarazioni del portavoce Lindsey Tucker, riportate da un sito specializzato (www.mondoboxe.com), non può concedere al match carattere ufficiale perché Messi non compare nella ranking list della sigla. Luca fa spallucce («Se batto Karmazin mi si spalancheranno le porte per l’assalto al titolo») e pregusta l’invasione americana degli amici di Ponte San Pietro. «Molti stanno organizzando la trasferta a Los Angeles, gli altri resteranno incollati al maxi-schermo. Il mio sarà il primo match in diretta tv: l’ha deciso Don King in persona, perché sa che garantisco spettacolo».
E se dovesse andare male? «Il ritiro non dipenderà dal risultato: per me la boxe è un’ossessione, una specie di droga. Non posso farne a meno». E allora goodbye and good luck, Luca Messi. Bergamo Bomber is back, dirà Don King. E stavolta vuole vincere. Altrimenti, che sogno americano sarebbe?(08/08/2007)

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