Serie A2 unica e non serie B
I marchingegni del basket

Preferiremmo essere giudicati «realisti» e non additati di probabili complessi di inferiorità. Non la pensano, evidentemente in tal modo federbasket e lega. Entrambe, infatti, anziché denominare, seguendo l’alfabeto, la seconda divisione nazionale «serie B» preferiscono etichettarla dalla prossima stagione «A2 unica».

Tanto per confondere, cioè, le idee e dover di tanto in tanto puntualizzare che la trevigliese Remer è, all’atto pratico, un gradino sotto il raggruppamento dei team d’élite che con Reggio Emilia e Sassari si stanno giocando, proprio in questi giorni, lo scudetto tricolore. Di conseguenza, bisogna indietreggiare di un ulteriore passo parlando dell’ altra squadra orobica, la Comark, impropriamente collocata in cadetteria e non nella effettiva C. Insistendo su queste fuorvianti falsarighe si prendono in giro gli sportivi sottovalutandone, in ogni caso, qualsiasi capacità di tangibile valutazione. Sulla recente trovata della A2 unica, poi, c’è da aggiungere un’altra marcata perplessità. Scomodando il vocabolario alla parola «unico» segue l’inappellabile significato «il solo esistente». Ma non così è per coloro che governano la pallacanestro italiana.

La nuova (?!) A2 unica che partirà a inizio settembre si comporrà, udite udite, di un paio di gironi seguendo un discutibile criterio geografico con la Remer appartenente al Nord-Est. Meno male che gli stessi gironi si chiameranno semplicemente A e B senza che ci si sia scervellati alla ricerca di inediti rompicapi. Esiste un perché sulla fresca classificazione in A2? «Potrebbe servire da specchietto delle allodole per far sì che sponsor e sportivi vengano maggiormente attratti dalla disciplina in questione». Versione sussurrata da un accreditato addetto ai lavori di casa nostra. Diavoleria da Oscar, non c’è che dire, come se le aziende disposte a investire nella pallacanestro fossero sprovvedute fino a quel punto. Lo stesso dicasi per gli spettatori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA