La tragedia
dei figli del vento

Per molto tempo ho pensato che la sfortuna più grande per un cane fosse quella di finire in un canile. Ma poi ho conosciuto il destino dei greyhound allevati per le corse nei cinodromi e ho dovuto cambiare idea.

Per molto tempo ho pensato che la sfortuna più grande per un cane fosse quella di finire in un canile dopo aver conosciuto, anche per poco tempo, il calore di una mano amica. Li ho immaginati dietro le sbarre, sgomenti, increduli, a pensare a quella mano amica che non c'era più. Ma poi ho conosciuto il destino dei greyhound allevati per le corse nei cinodromi e ho dovuto cambiare idea.

Sono conosciuti come «i figli del vento» per l'incredibile capacità di sfrecciare veloci sul terreno, ma anche come «i cani del nulla», perché ogni anno nascono a migliaia e a migliaia vengono sterminati in silenzio, come se mai fossero esistiti. Allevati per servire la cupidigia dell'uomo, nascono in particolari allevamenti in Irlanda e a 12 mesi i cani che non dimostrano di possedere le qualità da corridore, vengono soppressi. Oppure sono venduti a loschi individui, che li fanno gareggiare nei cinodromi minori con la speranza di guadagnare qualche soldo facile. E quando il cane si fa male o risulta poco competitivo, è necessario sbarazzarsene: nella maggior parte dei casi viene abbandonato nelle campagne, venduto per le sperimentazioni o ceduto a squallidi personaggi per la riproduzione. I più fortunati vengono portati nei canili e dopo sette giorni, se nessuno li reclama, sono soppressi.

La regola è sempre la stessa - correre più veloce che si può -, perché in gioco c'è la loro stessa vita; e quando non servono più, diventano creature inutili, da eliminare senza troppe domande e troppi perché. L'esistenza che l'uomo li obbliga a sperimentare è atroce e piena di sofferenza: non conoscono carezza, conforto, neppure il gioco, vivono la loro breve esistenza in box di cemento ed escono solo per allenarsi e correre. Fino a quando non vengono considerati un peso morto e devono essere soppressi per far spazio a nuovi soggetti, con l?illusione che siano più bravi, più veloci, più abili. Questa è la tragedia dei levrieri in Europa, un fenomeno terribile che pochi conoscono e che in molti tentano di tacere in nome del divertimento e dell?interesse; e i figli del vento, i cani del nulla vivono solo per il tempo in cui possano assicurare un guadagno. Non un giorno in più.

Fortunatamente negli ultimi anni sono nate molte organizzazioni no profit, che ritirano queste creature sfortunate, ferite nel corpo e nell'anima e cercano per loro nuove famiglie. È sufficiente scrivere su un qualunque motore di ricerca «adottare un levriero» per scoprire una lunga lista di realtà che quotidianamente si battono per far conoscere la tragedia dei levrieri. In Italia il fenomeno è diventato conosciutissimo anche grazie al libro «Figli del Vento» di Roberta Mombelloni, una coraggiosa insegnante valdostana, che ha deciso di scuotere le coscienza delle persone, raccontando la storia vera di Bryce, il levriero da lei adottato.

Unico progetto editoriale esistente sull'argomento, è una denuncia senza possibilità di appello verso uomini che di umano hanno poco, se non nulla; ma è anche un inno alla speranza, poiché nel mondo ci sono tanti altri Bryce, che attendono di essere salvati e non vedono l'ora di amare e di essere amati. Buona riflessione.

Marco Bergamaschi

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