Il Betta Splendens,
pesce sfortunato

Insieme al pesce rosso, il palmarès del «più sfortunato» se lo aggiudica senza ombra di dubbio il Betta Splendens, ai più conosciuto con il nome di «Pesce Combattente», penalizzato dalla sua capacità di sopravvivere in condizioni estreme.

Insieme al pesce rosso, il palmarès del «più sfortunato» se lo aggiudica senza ombra di dubbio il Betta Splendens, ai più conosciuto con il nome di «Pesce Combattente», penalizzato dalla sua capacità di sopravvivere in condizioni estreme. Forse il nome non vi dice nulla, ma se siete andati in un negozio che vende pesci, ve lo ricordate di sicuro: era quello tenuto nei bicchieri o in un piccolo vaso e che, a causa dello spazio ristretto, non poteva nuotare e vi guardava immobile dal minuscolo contenitore.

La colpa è tutta del «labirinto», un organo respiratorio supplementare, situato sopra l'apparato bronchiale, che gli consente di respirare ossigeno direttamente dalla superficie; ed è proprio questa caratteristica, che gli ha consentito di vivere per centinaia di anni nelle risaie e nelle zone paludose della Tailandia, sua terra d'origine, anche in quindici, venti centimetri di acqua stagnante, povera di ossigeno. Ma questa sorprendente peculiarità è diventata la sua condanna: infatti il piccolo pesce dalla livrea meravigliosa sovente viene tenuto da commercianti privi di cultura etologica in recipienti minuscoli, della dimensione di un bicchiere da birra. E se li interrogate sulla discutibile sistemazione, vi rispondono che è solo per poco, giusto il tempo di venderli.

Ma c'è di più: da qualche mese nei negozi viene commercializzato un piccolo contenitore cubico (impossibile chiamarlo acquario) con una capacità di appena due-tre litri, specificamente indicato per il Betta Splendens, lungo venti centimetri, profondo undici e senza filtro. A chi lo vende e chi lo compra, è doveroso ricordare che nessun pesce dovrebbe essere tenuto in acquari o contenitori con volume inferiore ai 30 litri, come stabilisce l'articolo 51 del «Regolamento Comunale sulla tutela degli Animali», approvato dal Consiglio del Comune di Roma il 24 ottobre 2005: «Il volume dell'acquario non deve essere inferiore a 2 litri per centimetro della somma delle lunghezze degli animali ospitati ed in ogni caso non deve mai avere una capienza inferiore a 30 litri d'acqua».

Ma non ci vuole un regolamento per capire che tale sistemazione è inadatta alle esigenze fisiologiche del Betta Splendens, che non può nuotare, ma è obbligato a stare fermo, come se fosse imbalsamato. Se oggi l'idea di allestire un acquario è ancora lontana, il mio consiglio è di soprassedere. Non lo dice mai nessuno, ma un Betta in pochi litri d'acqua, morirà nel giro di qualche mese. Buona riflessione.

Marco Bergamaschi

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