Gli Usa contro il Kosovo: "Accuse di appeasement irrispettose"

BRUXELLES - "Chiunque dica che abbiamo manipolato la situazione a vantaggio della Serbia non sta guardando la situazione: usare termini come appeasement e farli emergere da alcuni ambienti del governo del Kosovo è davvero irrispettoso nei confronti delle relazioni bilaterali". Così l'inviato Usa per i Balcani Occidentali, Gabriel Escobar, all'ANSA. Escobar, impegnato in una missione nella regione insieme al mediatore europeo Miroslav Lajcak per ridurre le tensioni tra Belgrado e Pristina, ha parlato al riguardo di "disinformazione molto tossica", aggiungendo che "tutto ciò che abbiamo fatto negli ultimi 60 giorni è stato a beneficio del Kosovo".

"Se Belgrado e Pristina voltano le spalle all'accordo di Ohrid" per la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, "voltano le spalle all'Europa, con tutte le conseguenze che ne derivano, ma poiché c'è un impegno da parte nostra, è anche un segnale se vogliono o meno rapporti più stretti con la comunità transatlantica", ha aggiunto Escobar.

In merito al deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Kosovo, "la volontà di continuare a sostenere Pristina non sia cambiata", ha poi sottolineato. "A livello politico - ha proseguito - la domanda è: Kurti vuole cooperare non con gli Stati Uniti, ma con l'intera comunità transatlantica?". "Se Kurti fa la scelta di non voler coordinarsi e lavorare con noi per trovare una soluzione, ciò implica conseguenze da parte sua, non da parte nostra", ha continuato.

"La possibilità" di un conflitto nei Balcani è 'molto remota'", ma "non escludo che ci sarà violenza e che sarà altrettanto destabilizzante", ha detto l'ambasciatore in missione. "Ci sono sicuramente persone che si nutrono della crisi e che traggono vantaggi dall'escalation sia in Kosovo che in Bosnia-Erzegovina, ma la differenza è che abbiamo forze di mantenimento della pace molto capaci sia della Nato e sia dell'Unione Europea in entrambi i paesi per garantire un ambiente sicuro e protetto", ha proseguito.

Escobar ha tuttavia chiarito  che ulteriore violenza "sarà altrettanto destabilizzante", sottolineando come "un problema ancora più grande in alcune parti dei Balcani, in particolare in Bosnia, non è il conflitto, ma il collasso economico come risultato della disfunzionalità dello Stato e della tensione etnica".

Il premier kosovaro Albin Kurti ha intanto detto di non aver ricevuto nessun ultimatum dagli inviati di Ue e Usa in relazione alla situazione di crisi nel Nord del Paese. Parlando oggi ai giornalisti, il premier ha aggiunto che, nel recente incontro a Pristina con Lajcak ed Escobar ha offerto "una sicura via d'uscita" dalla crisi al nord provocata, a suo avviso, dalle strutture illegali che la Serbia mantiene ancora in Kosovo.

"Non ho ricevuto nessun ultimatum, ci siamo incontrati e abbiamo parlato con gli emissari, ai quali ho offerto un modo sicuro di risolvere la crisi nel Nord del Kosovo, provocata dalle strutture illegali della Serbia", ha detto Kurti. "Innanzitutto lo stato di diritto, abbiamo avuto decine di soldati Nato, poliziotti kosovari e giornalisti che sono stati vittime di una brutalità senza precedenti da parte di estremisti violenti", ha aggiunto il premier, secondo il quale tutto ciò "non si può risolvere con pressioni e minacciando conseguenze e forse anche sanzioni nei confronti dello stato più democratico e progressista dei Balcani occidentali", ha affermato riferendosi al suo Paese e dicendosi "convinto che riusciremo a chiarire le ambiguità".

Ieri l'inviato Usa Escobar, nel corso della sua visita a Pristina con Lajcak, aveva detto che Kurti aveva due giorni di tempo per dare una risposta alle richieste sottopostegli durante i colloqui - rapida de-escalation delle tensioni al nord, nuove elezioni in tempi rapidi nei territori del Nord a maggioranza serba, ritorno al dialogo per la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina.

Escobar aveva aggiunto che lui e Lajcak riferiranno venerdì sulla situazione e se si registrano o meno progressi nei tentativi di soluzione della crisi, legata alle proteste dei serbi contro l'elezione di nuovi sindaci albanesi nei maggiori Comuni del Nord a maggioranza serba. I due inviati di Ue e Usa hanno concluso la missione dopo aver incontrato ieri sera a Belgrado il presidente serbo Aleksandar Vucic. In precedenza a Pristina avevano visto, oltre a Kurti, la presidente kosovara Vjosa Osmani, i leader dell'opposizione e i rappresentanti di Srpska Lista, il maggior partito della comunità serba in Kosovo.

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