Nel 2010 un milione di italiani in più si è avvicinato ai libri

Nel 2010 un milione di italiani in più si è avvicinato ai libri Oggi il 46,8% legge almeno un libro all'anno: indagine Istat

Roma, 4 dic. (Apcom) - Un milione in più di italiani si è avvicinato alla lettura nel 2010. Con queste nuove persone che sono entrate nel "mercato del libro" ci si avvicina a quasi la metà della popolazione italiana che si dichiara lettrice, anche se di "almeno un libro": oggi legge il 46,8% degli italiani con più di sei anni, quasi due punti percentuali in più rispetto allo scorso anno (erano il 45,1%). E` quanto emerge dall`indagine Istat 2010 presentata oggi a Roma nella giornata di apertura della Fiera della piccola e media editoria Più libri più liberi. Nel 2010 sono oltre 26,4 milioni gli italiani con più di 6 anni che hanno dichiarato di leggere nel tempo libero (+1,7% sul 2009). Rispetto al 1995 si registra un aumento di 7,7 punti percentuali: qualcosa come oltre 5 milioni di italiani (5.500.000 per la precisione) che in questo arco di tempo hanno cominciato a leggere e il trend si conferma in questi ultimi anni in crescita.E qual è l`identikit del lettore di questo 2010? E` giovane, per lo più donna, risiede al Nord, ha alti titoli di studio, ricopre alti incarichi o è studente. Complessivamente, però, il rapporto tra gli italiani e il libro è ancora debole e occasionale. Degli oltre 26,4 milioni di italiani che leggono, i lettori forti (che leggono più di 12 libri l`anno) sono solo 4 milioni, il 15,1% dei lettori e il 7,1% della popolazione con più di 6 anni. Sono i lettori deboli la maggioranza (oltre 11,7 milioni), e sono quelli che hanno letto al massimo 3 libri in un anno (in media 1 libro ogni 4 mesi). E questo resta il limite strutturale della crescita: nuovi lettori, ma lettori soprattutto deboli. Restano ancora ampie differenze territoriali: guida la classifica il Trentino Alto Adige con il 57,9% della popolazione che legge almeno un libro all`anno. Agli ultimi posti invece la Basilicata (31,4%), la Sicilia (32,8%) e la Campania (33.3%). Anche nel lungo periodo (se si considera il trend dal 1995) rimane inalterato il differenziale tra Nord e Sud.

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