«Massimo Bossetti deve essere assolto
Test anomali e nessun indizio preciso»

Gli avvocati della difesa di Massimo Bossetti venerdì 10 giugno hanno sferrato il loro ultimo attacco, quello più importante. «Siamo stati presi in giro sul Dna: le anomalie sono evidenti e nessuno ha però mai detto che si è sbagliato».

«Le evidenze oggettive non possono che portare ad assolverlo». È uno dei passaggi chiave dell’arringa di Paolo Camporini, difensore di Bossetti insieme a Claudio Salvagni, nell’udienza del 10 giugno. «Gli indizi non vanno contati - ha aggiunto - ma valutati uno per uno: servono indizi gravi, precisi e concordanti. Qui l’unico indizio grave, se vogliamo definirlo tale, è il Dna, ma non è preciso. La Cassazione ha stabilito che il Dna è una prova solo quando è perfetto, senza dubbi né anomalie».

Anomalie che secondo la difesa ci sono. Durante il suo intervento nel pomeriggio l’avvocato Claudio Salvagni ha ripercorso tutte queste «anomalie» che, a suo avviso, inficerebbero il risultato finale. Questo per via di una procedura, caratterizzata anche da «utilizzo di kit scaduto», il cui risultato è «da cestinare». Secondo il legale, si sono verificati problemi anche riguardo la «catena di custodia» dei reperti che sono stati analizzati. «Sono state rispettate le regole? Io credo di no», ha aggiunto il legale secondo il quale, per questo motivo, quel Dna «può essere stato contaminato». Salvagni ha anche spiegato che sul corpo di Yara «sono stati trovati dieci profili genetici diversi».

«La traccia è irripetibile, e questo è un aspetto sostanziale», hanno detto in un altro passaggio Claudio Salvagni e Paolo Camporini, e hanno aggiunto: «In questo processo è stato chiesto l’ergastolo, non dimentichiamolo. La questione del Dna è da sempre al centro di questo processo: «È un puzzle in cui alcune tessere non entrano al posto giusto ma vengono incastrate a piacimento. Tutto si basa su un Dna sul quale la difesa non ha potuto interloquire. Un atto di fede così non lo facciamo» aveva detto già Salvagni. «Il lavoro del medico legale Cristina Cattaneo non porta a conclusioni certe».

Nel tardo pomeriggio l’avvocato Paolo Camporini ha parlato anche dell’accusa di calunnia nei confronti di Bossetti, il quale dopo l’arresto aveva indirizzato gli inquirenti verso il collega Maggioni. «Bossetti in quelle ore – ha spiegato Camporini in aula – era in uno stato di incapacità di intendere e di volere, dovuto a una condizione di stress emotivo in seguito all’arresto e alla campagna denigratoria che stava distruggendo lui e i suoi affetti. Si stava difendendo, cercava di assecondare gli inquirenti fornendo un’ipotesi alternativa, e ha accusato il collega senza volerlo». E comunque «non lo ha accusato di aver commesso l’omicidio» ha evidenziato Camporini.

Sempre Camporini, parlando delle ricerche trovate nei computer del muratore di Mapello, ha chiesto che «sparisca la parola pedopornografia da questo processo». Il legale ha, infatti, sottolineato che nessuna delle ricerche trovate ha tema pedopornografico ma che si tratta invece di «ricerche che si possono trovare nei computer di tutti gli adulti». Le ricerche, a suo dire, sono contraddistinte da «assoluta rarità» e «successive» alla sparizione e al ritrovamento di Yara Gambirasio. Sarebbero tre o quattro in tutto il periodo preso in considerazione. Il legale, che ha anche fatto riferimento a delle ricerche trovate nel computer della famiglia della vittima, ha detto che «non ha alcun senso» cercare di ricondurre le ricerche nei due computer trovati in casa di Massimo Bossetti al delitto della tredicenne.

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