Santa Lucia, storia e tradizioni
Bambole all'asta e basì dè sochèr

di Emanuele Roncalli

Avete mai sentito parlare del «Mercante della Neve», dell’«asta» delle bambole, o dei «basì dè sochèr» o «basì de dama»? Se siete di Lenna «sì», ma qualunque altro bergamasco è difficile che sappia dare la giusta risposta a questo interrogativo.

di Emanuele Roncalli

Avete mai sentito parlare del «Mercante della Neve», dell’«asta» delle bambole, o dei «basì dè sochèr» o «basì de dama»? Se siete di Lenna «sì», ma qualunque altro bergamasco è difficile che sappia dare la giusta risposta a questo interrogativo. Queste parole rimandano alla festa di Santa Lucia. La festa più amata dai bambini a Bergamo e in provincia vanta, oltre che una storia ultrasecolare, anche un corollario di riti, tradizioni, feste e consuetudine che ormai si sono perse. Le tengono vive solo poche pagine sparse di appassionati e storici locali.

STORIA
Il culto di Santa Lucia a Bergamo affonda le sue radici nel XIV secolo. Padre Donato Calvi, celebre per le sue Effemeridi, ricorda che attorno alla metà del Trecento in Città Bassa fu posta nella zona di Broseta la prima pietra della chiesa e del monastero denominato di Santa Lucia Vecchia. Poi le monache si trasferirono nel convento delle umiliate di Sant’Agata, in contrada Prato, dove oggi c’è Palazzo Frizzoni. Sotto la dominazione francese, nel 1798 il monastero fu soppresso e anche la festa di Santa Lucia si perse, per essere reintrodotta l’anno dopo nella chiesa della Madonna dello Spasimo in via XX Settembre, dove ai primi di dicembre frotte di bambini fanno la fila per portare la loro letterina a Santa Lucia. Alla Santa in terra bergamasca sono dedicate anche alcune chiese parrocchiali: in città la comunità del Tempio Votivo; ad Ambriola, frazione di Costa Serina; a Cornale di Pradalunga. Una chiesa sussidiaria dedicata a Santa Lucia si trova a Lenna, mentre a Botta di Sedrina, in un palazzo privato esisteva un oratorio dedicato alla martire. Secondo alcuni ricercatori (Diego Gimondi) la devozione a Santa Lucia fu introdotta dagli eremitani agostiniani, particolarmente devoti alla santa, che nei secoli passati officiavano nella chiesa di San Nicola da Tolentino a San Pellegrino, adiacente al loro monastero, poi soppresso.

LENNA 
Lenna è località più di ogni altra ha sempre vissuto intensamente la notte fra il 12 e il 13 dicembre. Se ne parla ancora alle elementari, all’asilo, fra i bambini. A loro si tramandano feste e usi talvolta insoliti. Su internet si trovano tracce delle ricerche degli scolari sotto la guida della maestra Amabile Arnoldi. «La festa, o fiera di Santa Lucia – scrivono i bambini - tanti anni fa veniva chiamata anche Il Mercante della Neve perche' quasi sempre in quei giorni nevicava. I bambini sentivano la festa di S. Lucia molto tempo prima, infatti andavano a raccogliere le "menade di spì" per fare il falò, che era grandioso e illuminava la vigilia. Il falò era presente in contrada e si faceva a gara per farlo più bello. Spesso i ragazzi litigavano e si rubavano gli spini. In cima ad ogni falò si metteva la vecchia, fatta con stracci. Tutti i falò venivano accesi contemporaneamente alle otto della sera dell vigilia, il falò che durava di più era il vincitore. Poi si tornava di corsa a casa a lucidare la scarpetta per metterla sulla finestra, perchè Santa Lucia sarebbe passata riempendola di doni (una piccola arancia, una carruba e i "basì dè sochèr"). Il giorno di Santa Lucia era famoso per la grande fiera che si teneva al centro del paese; le vie erano colme di gente e si incontravano ogni genere di mercante, si vendevano e si comperavano animali; maiali, capre e vitelli».

Ed ancora: «Le trattorie erano molte e gremite di gente che improvvisavano balli al suono della fisarmonica. Il piatto tradizionale era la trippa. In ogni casa si faceva invitando i parenti. La festa era anche allietata dal suono delle campane, era un suono speciale, ritmato dalle note di antiche filastrocche e canti natalizi. Questa musica iniziava 15 giorni prima della festa e aveva lo scopo di ricordare a tutti che presto sarebbe stata la festa di Santa Lucia; il compito di suonare le campane era affidata ai bambini che salivano sul campanile a frotte divertendosi moltissimo a suonare le tiritele».

Certamente curiosa la tradizione raccontata da Diego Gimondi di quel venditore ambulante che giungeva da Bergamo con un carrettino carico di bambole di legno, di stoffa, in ceramica e anche di plastica. Era in quella occasione che le bambine, accompagnate dalle mamme, sceglievano la loro bambola preferita che dopo l'”asta” avrebbero ricevuto come dono da Santa Lucia.

L’ATTESA
Tutti i bambini, non solo quelli di Lenna, trepidano nell’attesa dell’arrivo della Santa. C’è chi prepara le scarpe pulite che spera di rivedere colme di dolci, chi va in cerca di paglia per l’asinello, chi mette le carote per attirare l’asinello, chi mette fuori dalla finestra uno zoccolo o una bacinella con la crusca assieme all’acqua, o anche un lumino per indicare alla Santa che in quella casa abita un bambino. Poi tutti a nanna presto perchè ai bambini disubbidienti, ancora svegli per cercare di vedere l’arrivo dell’asinello e dei doni, Santa Lucia avrebbe gettato cenere negli occhi senza lasciare alcun regalo.

FILASTROCCHE

Santa Löséa Mama méa / Co’ la borsa del papà / Santa Löséa la rierà Santa Lucia mamma mia / con la borsa del papà / santa Lucia verrà

Santa Lucia, mamma mia, metti un regalo nella mia scarpa, se la mamma non lo mette, restan vuote le mie scarpette.

Bibiliografia
P. Donato Calvi, Effemeridi Sacro Profane 1676
Martino Compagnoni Folclore Bergamasco Editrice Cesare Ferrari
Diego Gimondi Santa Lucia.Tradizioni brembane e siracusane, Centro Studi Francesco Cleri di Sedrina
AntonioTiraboschi Manoscritto, Festività Bergamasche, Biblioteca Mai

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