Tutti in piedi, all'Arena di Verona
entra l'imperatore Rod Stewart

«Questo è l'album che per tutta la vita ho aspettato di registrare. Queste sono le canzoni che ho ballato, le canzoni con le quali ho fatto l'amore, ho pianto e, sì, sono anche caduto quando ero un giovane all'inizio della carriera. Grazie a Radio Lussemburgo e a Radio Caroline ho scoperto la bravura artistica di Otis Redding, Sam Cooke, Jackie Wilson, James Brown, The Temptations, The Four Tops e molti altri».

«Queste canzoni e questi cantanti sono stati l'ossigeno che ha alimentato la mia passione per il canto. Allora ero un ragazzino gracile, impertinente, capace solo di parlare, vivevo nella parte nord di Londra, praticamente senza un soldo. Ho cercato di cantare quelle canzoni come loro, di vestirmi come loro. Ho cercato di essere loro. Erano i miei idoli e i miei eroi. Al genio e al prodigioso talento di questi maestri del soul dedico umilmente questo album».

Quando un cantante di 65 anni parla così, quando una superstar come Rod Stewart ritrova il battito dell'adolescenza, significa che il cerchio si sta per chiudere, che tutto è ormai compiuto o poco ci manca. E allora si dia inizio al gran finale. Che potrebbe durare anni ma sempre epilogo resta. Con la differenza che non vedremo una candela che si spegne lentamente ma uno spettacolo maestoso, un tripudio di suoni e di emozioni che attraversa oltre quarant'anni di musica (e più di cento milioni di dischi venduti) davanti a un pubblico che continuerà a tributare entusiasta il degno trionfo a un imperatore della canzone come, tra pochi al mondo, sa essere il vecchio-sempregiovane rocker scozzese nato per sbaglio nel sobborgo di Highgate, a Londra.

Tredici musicisti sul palco, le donne e il calcio
Se ancora non l'avete capito, lunedì 21 giugno sarà un bel giorno per salutare sua maestà Rod Stewart nella magica cornice dell'Arena di Verona: unica data italiana, oltre due ore di concerto (coinvolgente, da uscire afoni e spossati), il repertorio storico (dal folk al rock, dal rhythm and blues al pop, fino alla disco) e la crema soul di “Soulbook”, l'album in omaggio ai mostri sacri del genere, uscito l'anno scorso. Sul palco 13 musicisti: due chitarristi, il bassista, il batterista, un percussionista, un tastierista, un sassofonista, tre avvenenti strumentiste (una trombettista, una sassofonista e una violinista che suonerà anche il mandolino) e tre coriste.

Le donne, sì. Pane della sua vita, protagoniste di tante ballate spezzacuori, compagne di un'esistenza che gli ha regalato attrici e modelle, conquistate da quell'aria mascalzona e romantica, da quella voce roca che può fare quello che vuole, unica e inimitabile (più forte dell'età che avanza). Perché quando suona la canzone, basta la prima sillaba e ti accorgi subito: caspita, questo è il mitico Rod. E poi non siamo noi a scoprirlo. Elton John disse di lui: «Non è secondo a nessuno tra i cantanti di rock'n'roll che ho sentito. Ed è anche il più grande cantante soul bianco». E James Brown confermò.

Le donne, ma anche il calcio («gioco a pallone tutte le domeniche», si vanta spavaldo ancora oggi). Prima di scegliere definitivamente la strada della canzone, militava nel Brentford Football Club: un dilettante di belle speranze che fu sul punto di strappare un contratto da professionista. Se canterà “Hot Legs” (brano d'apertura del magnifico “Foot loose & Fancy Free”, 1977), calcerà palloni verso la platea. E di quell'anno è uno dei suoi successi immortali: “You're In My Heart (The Final Acclaim)”, che ascolteremo nell'Arena, of course, e in cui mescola l'amore per le donne a quello per il Celtic Glasgow, la sua squadra del cuore (scozzese ovviamente, «non tiferò mai Inghilterra»). E lì il suo ricordo va ai leoni di Lisbona, quelli che il 25 maggio 1967 conquistarono la Coppa dei Campioni battendo l'Inter 2-1.

Quando si parla di Rod Stewart, il pubblico che lo conosce più superficialmente lo associa subito ai pezzi sentimentali leggeri del suo canzoniere, come “Tonight's The Night (Gonna Be Alright)” del 1976 o “Da Ya Think I'm Sexy”, un hit del 1978 che ebbe un successo planetario diventando un classico della disco-music. Ma poi c'è lo Stewart da pelle d'oca di “Sailing” (1975, superba interpretazione della canzone scritta da Gavin Sutherland tre anni prima) e quello delle origini folk e rock di “Maggie May”, singolo dell'album-pietra miliare “Every Picture Tells a Story” (1971) e che sbancò le classifiche di tutto il mondo. “Maggie May” racconta di una donna matura e affascinante che seduce e bistratta un ragazzo (tanto che in Inghilterra ancora oggi si dice «quella è una Maggie May» per indicare una signora che va con un uomo molto più giovane di lei).

La storia incredibile di «Maggie May»
Ma la sapete la storia rocambolesca del successo di questa canzone? La casa discografica puntava sul 45 giri di “(Find A) Reason To Believe”, cover di un cavallo di battaglia di Tim Hardin che Stewart interpretava da par suo, ma, quando i dj iniziarono a mettere sul piatto il lato B del disco, proprio “Maggie May”, fu questo che catturò i gusti degli ascoltatori, fu questo che per cinque settimane andò in testa alle classifiche inglesi e americane e proiettò definitivamente nell'olimpo delle rockstar un Rod Stewart allora semisconosciuto.

Erano gli anni in cui suonava con i Faces, una band pazzesca, alcolica e chiassosa, quasi più tosta dei Rolling Stones (che poi le “ruberanno” Ron Wood restituendogli il ruolo di chitarrista che aveva sospeso per imbracciare il basso). Giusto in questi mesi i Faces si sono riuniti e aspettano che torni anche Stewart, ora troppo preso dagli impegni solistici. Beh, se accadrà veramente, il cerchio sarà perfettamente saldato.

ORARI E BIGLIETTI
Il concerto di Rod Stewart all'Arena di Verona (piazza Bra) lunedì 21 giugno inizierà alle 21, cancelli aperti dalle 19. I posti in platea sono già esauriti, rimangono biglietti per la tribuna numerata (65 euro più il prezzo di prevendita) e per la gradinata non numerata (42 euro più prevendita). Biglietti in vendita tramite il circuito TicketOne. Organizza Live Nation Italia (www.livenation.it).
Andrea Benigni

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