Thriller d’alta quota sulle nevi dell’Himalaya

Sono passati dieci anni dalla tragica spedizione dei fratelli Leblanc sulle cime del Kinsoru, tra le nevi perenni dell’Himalaya. Partirono per conquistare una delle vette più difficili, mai scalate nel periodo invernale. La montagna restituì solo Michel, choccato e con qualche amnesia di troppo. Del giovane Jean-Pierre tornò a casa solo un guanto. Che fine aveva fatto il biondo dagli occhi azzurri? Sulla sua sorte c’è solo la versione del fratello: una disgrazia, come tante ne succedono su quegli ottomila flagellati dalle bufere, spazzati dalle valanghe, costellati di insidiosi crepacci. Ma fu davvero disgrazia, oppure le nevi dell’Himalaya celano una verità più terrificante? Il sospetto non è campato in aria: figli di un magnate dell’industria, i due fratelli non sono accomunati soltanto dal brivido per le scalate audaci, ma anche da una consistente eredità. E cosa c’è di meglio di una vetta come il Kinsoru, affrontata in pieno inverno, per regolare i conti? I dubbi sarebbero rimasti avvolti nella tormenta e la conquista del Kinsoru sarebbe passata alla storia come una gloriosa, sia pure tragica, pagina della storia dell’alpinismo se uno scalatore lasciato al suo destino da «altruisti» compagni di cordata, non si fosse trovato a tu per tu con due occhi azzurri spalancati, un sorriso ironico sulle labbra circondate da baffi e barba biondi incrostati di ghiaccio. Intorpidito e sull’orlo della disperazione ci aveva messo un attimo a capire che quello non era un uomo, ma un cadavere. «Ghiaccio sottile», l’ultimo appassionante romanzo del giornalista e scrittore bergamasco Piero Degli Antoni (Rizzoli, 338 pagine, 16,50 euro) è un thriller d’alta quota che scava a colpi di piccozza nell’animo dei protagonisti per rivelarne inquietudini, sentimenti, segreti. Ma regala anche spunti di filosofia orientale che fanno breccia nella mente, inducono a riflettere. Uno straordinario esercizio di suspence, ma anche una descrizione meticolosa e competente di chi è abituato a scarpinare su per le montagne. C’è chi intravede una qualche analogia con una vicenda vera, quella di Reinhol Messner che dopo 35 anni ha ritrovato sul Nanga Parbat il corpo del fratello portato via da una slavina. Anche nel romanzo di Degli Antoni c’è un cadavere che affiora da una sottile crosta di ghiaccio. Ma non è solo il fratello Michel a volerlo recuperare per riportare a casa un affetto che sembrava perennemente sepolto. Saranno in sei a ritrovarsi in un’angusta tenda d’alta quota, tutti desiderosi di ritrovare per primi quel cadavere, anche a rischio della pelle. Ciascuno con i propri segreti, tutti con il desiderio di trovare una risposta: disgrazia oppure omicidio? Del resto, si sa: un corpo, oltretutto ben conservato dal ghiaccio, può rivelare più verità di una confessione. Ma cosa ha spinto la bella Fiona, giornalista di successo esperta di gossip, a sfidare l’ignoto con lo squinternato fotografo Iaan, più avvezzo alle bufere mondane che a quelle montane? Si tratta solo di uno scoop? Cosa si nasconde dietro la disponibilità del loro accompagnatore, il saggio sherpa Tenzin, abile scalatore di vette quanto di menti umane? Che cosa stia cercando il conte Von Reichlin, accompagnato dall’ombroso kazako Boroda, è invece palese. Cerca la prova di una convinzione che lo ha sempre tormentato: non fu la montagna ad uccidere Jean-Pierre, ma il fratello. E la comparsa di Michel, tanto improvvisa, quanto provvidenziale - salva il quintetto da morte sicura sotto una valanga - non fa che aumentare inquietudini e sospetti. Difatti, come può un sospettato di omicidio, salvare la vita a coloro che sono alla ricerca delle prove del suo delitto? È innocente, oppure diabolico. L’abilità di Piero Degli Antoni, sta nell’aver sviluppato un thriller ad alta tensione negli scarsi metri quadrati di una tenda sferzata dalle bufere, a due passi dalla vetta del Kinsoru, con un racconto incalzante capace di penetrare nell’animo di ciascuno. E se qualcuno crede che quei segni trovati sul corpo ghiacciato di Jean-Pierre Leblanc diano una risposta, ricordi le parole del saggio sherpa: non c’è una sola risposta, ma per la stessa domanda ci sono tante risposte differenti, a seconda di chi le pone. Al lettore scoprirle, immedesimandosi di volta in volta nei panni di ciascun protagonista.Giorgio Francinetti

© RIPRODUZIONE RISERVATA