Le donne dell’antico Egitto al Palazzo della Ragione

Le donne dell’antico Egitto al Palazzo della RagioneDonne comuni e regine, spose e sacerdotesse, madri e dee: sono le donne, libere e indipendenti, dell’antico Egitto, capaci di contribuire, con un ruolo indubbiamente importante dal punto di vista sociale, politico, religioso, a fare la storia della loro civiltà insieme ai grandi faraoni. Un’autonomia e una considerazione che si riflette nella ricchezza di immagini che le donne egizie hanno ispirato e che sono giunte fino a noi per raccontarle.

La mostra «Le donne dei Faraoni», al Palazzo della Ragione in Città Alta e organizzata dalla Fondazione Ars Omnium di Milano con il sostegno del Comune di Bergamo, apre dunque una finestra sorprendente sull’universo femminile dell’antico Egitto, attraverso gioielli, oggetti della vita quotidiana, statue e bassorilievi provenienti dai più prestigiosi musei archeologici italiani ma anche dal Kunsthistorisches Museum di Vienna e dal Louvre di Parigi.

Ideata da Enrichetta Leospo del Museo Egizio di Torino, scomparsa due anni fa, la mostra è realizzata con la cura scientifica di Maria Cristina Guidotti, direttrice del Museo Archeologico di Firenze, che ci spiega l’idea di fondo: «La mostra intende ricostruire l’identità della donna egizia sotto gli aspetti più diversi, pubblici e privati, facendo emergere come nell’antico Egitto fosse considerata perfettamente alla pari dell’uomo: le bambine imparavano a leggere e scrivere, abbiamo testimonianze di donne medico e giudice, alcune si sono proclamate addirittura faraone. Il genere femminile è rappresentato nello stesso Pantheon egizio composto di famiglie, le "triadi", costituite da padre, madre e figlio».

Il percorso espositivo dunque si snoda attraverso preziosi reperti organizzati per gruppi tematici ma che coprono un arco cronologico che va dalla preistoria all’antico Regno, fino all’epoca romana. Difficile trovare qualcosa di monumentale in questo itinerario dove tuttavia ogni singolo pezzo è stato rigorosamente scelto per rarità, raffinatezza e significatività.

Ad accoglierci in mostra sono le divinità, come Nut, la dea del cielo che abbraccia i defunti dipinta sul fondo dei sarcofagi, ma soprattutto Iside, la madre per eccellenza, rappresentata nelle statuette nell’atto di allattare il figlio Horo o, in uno splendido busto ritrovato a Firenze, nei tratti di un’ emblematica bellezza. Dalla «Cosmogonia» si passa alle immagini delle regine, quelle che guidavano il paese a fianco del faraone, con le loro singolari acconciature e i visi modellati, ma anche l’ambiziosa Hatshepsut che tenne in mano da sola le redini del suo regno per oltre vent’anni facendosi addirittura ritrarre come Sfinge femminile (quella in mostra è una vera rarità).

Le donne erano presenti anche nelle istituzioni religiose. Un’antica stele funeraria ci consente di seguire la sacerdotessa Takhae all’interno del tempio divino mentre canta il dio Amon agitando il «sistro», antico strumento musicale, mentre è suggestivo osservare lo specchio che rifletteva migliaia di anni fa il volto della sacerdotessa Oudjat, la padrona che seguì anche nella tomba. Giuridicamente uguale al marito, in grado di gestire ingenti possedimenti territoriali e rapporti commerciali, la donna egiziana era però prima di tutto «Signora della casa», quella dimora di cui un raro modello in pietra del Louvre e alcune ricostruzioni attuali ci restituiscono la fisionomia.

Ecco la donna comune fare la sua comparsa, nella famosa statua della «Macinatrice di grano», accanto alle donne dell’èlite egiziana, in una galleria di madri e mogli, immortalate secondo un’ideale di bellezza assoluto ( come la testa di donna incorniciata da una cascata di riccioli di un raffinatissimo bassorilievo) e fuori dal tempo, tanto da non riuscire a distinguere madre e figlia, entrambe giovani e belle, nella rarissima statuetta che le ritrae insieme. Il canone della bellezza egizia, del resto, era considerato inseparabile dal carisma della persona così che la cosmesi, femminile ma anche maschile, aveva una parte importante nella vita quotidiana, in certi casi vero e proprio valore di immagine sociale.

Nella sofisticata toilette femminile ricostruita in mostra, non mancano erbe, essenze e profumi, specchi, un delizioso pettine a forma di antilope, il pestello a forma di dito per frantumare le ocre, i vasetti per il «khol» con cui si dipingevano gli occhi, uno raffinato contenitore per cosmetici della celebre serie delle "nuotatrici" e, naturalmente, i gioielli.

Così anche alla fine della vita la donna gode degli stessi privilegi degli uomini come insegnano i ricchi corredi funerari: preziosi «canopi» (vasi) dalle varie forme erano modellati per accogliere le viscere femminili durante la mummificazione, papiri magici con istruzioni segrete accompagnavano le sacerdotesse nell’aldilà e i sarcofagi erano dotati di controcoperchi finemente decorati di colori e geroglifici.

A fianco degli uomini nella vita, le donne erano preziose compagne anche oltre la morte, riposte nelle tombe sotto forma di "usciabti", statuette con il compito di lavorare al posto del defunto i campi dell’aldilà, o come statuette di concubine per propiziare nuova gioia e fecondità.

Nel loro complesso statue, dipinti, rilievi ci restituiscono della donna egizia un’immagine di straordinaria serenità, forse della compiaciuta consapevolezza di poter decidere della propria vita in assoluta libertà.

Informazioni di servizio

La mostra è aperta fino al 29 giugno, tutti i giorni dalle 10 alle 20 (giovedì e sabato fino alle 23).

Ingresso euro 8 (ridotto euro 6)

Sito Internet: www.le donnedeifaraoni.it

(14/04/2003)

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