Lucio Battisti moriva 12 anni fa
ma ci ritorna in mente ogni giorno

A parte le comprensibili vicende di ordinaria commemorazione, la sensazione è che il tempo si sia fermato e Battisti sia ancora qui tra noi, grazie alle canzoni e a quell'immagine da eterno ragazzo che sembra scolpita nell'immaginario di ognuno.

A parte le comprensibili vicende di ordinaria commemorazione, la sensazione è che il tempo si sia fermato e Battisti sia ancora qui tra noi, grazie alle canzoni e a quell'immagine da eterno ragazzo che sembra scolpita nell'immaginario di ognuno. Sono dodici anni che se n'è andato (era il 9 settembre 1998) e non passa giorno che non si ascolti una sua canzone, alla radio, in televisione, al supermarket. E ogni volta ci torna in mente con quei riccioli e quella faccia giovane. Lui stesso ha scelto di essere ricordato così, eclissandosi a un certo punto dell'avventura.

A volte ritornano le schegge televisive di un'epoca che sembra lontanissima, ma le canzoni continuano ad alimentare la leggenda, il suono di una rivoluzione stilistica e canora. Una rivoluzione che dal «villico stil novo» degli anni Settanta arriva al gioco ardito e sintetico degli ultimi dischi, alla lingua geniale e astrusa di Pasquale Panella che Lucio si diverte a nascondere nelle pieghe di una musica elettronica, inafferrabile. Di certo sono le vecchie canzoni a riscaldare il cuore della gente; le ultime restano ancora da scoprire, e soprattutto da comprendere.

Del resto quando un artista lascia il segno vuol dire che rappresenta qualcosa di non convenzionale rispetto al suo tempo, al suo stesso passato. E Battisti ha dimostrato sul campo di essere un artista vero, sensibile ai tempi, quasi ossessionato dall'ansia della ricerca, del cambiamento. Nel suo passaggio malauguratamente interrotto, ha rappresentato nella canzone italiana un momento diverso rispetto al tempo suo: ha eluso la routine della canzonetta sin dall'inizio ed è riuscito ad accreditare quella sua vocalità tanto particolare, ficcandola nell'orecchio di un'epoca.

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